2012, UN ANNO DI TRAGUARDI. 2013, UN ANNO DI PROSPETTIVE – Parte Prima

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photo credit: Bolshakov via photopin cc
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Cosa ci lascia in eredità l’anno appena concluso? A quali orizzonti può ambire il 2013 per la mobilità elettrica?

Sicuramente i dati più rilevanti sono due: il primo è che gli ultimi 365 giorni hanno registrato un incremento delle vendite di veicoli elettrici in tutto il mondo, glissando per molte case automobilistiche i numeri di tutti gli anni precedenti; il secondo è che, malgrado il 2012 abbia affermato il costituirsi di uno scarto in avanti del settore, le cifre non sono ancora tali da definire la percentuale di veicoli elettrici in circolazione paragonabile a quella dei motori a combustione.

Non dimenticandoci che siamo all’inizio di un processo di affermazione e diffusione della mobilità elettrica nell’opinione pubblica, il che consta anche – se non soprattutto – di un cambio di mentalità generale, non si tratta di uno scenario negativo, anzi.

Proviamo allora ad evidenziare le tappe percorse nel 2012.

 

 

Infrastrutture di ricarica.

Le iniziative che riguardano le infrastrutture, vera chiave di volta per la diffusione della mobilità elettrica, hanno subìto una notevole accelerata: paesi come Svizzera, Germania e Francia hanno coordinato l’installazione di stazioni di rifornimento per veicoli elettrici, mentre Danimarca e Regno Unito hanno sposato ed avviato progetti che vedono il sistematico affiancamento di colonnine di ricarica alle vecchie pompe di carburante nelle stazioni di servizio autostradali.

In Italia una mappatura completa delle stazioni esistenti è ancora difficile da censire, sebbene ne siano state compilate diverse. Un primo consistente passo avanti potrebbe essere rappresentato dalla realizzazione della ZET, ossia l’elettrificazione della tratta autostradale che collega Milano, Brescia e Bergamo. Integrata con car sharing, parcheggi d’interscambio e mezzi pubblici comunali rappresenta il primo progetto italiano in grado di dare sostanza all’uso degli EV su scala regionale: da lì potrebbe essere poi replicato altrove.

 

 

 

Il polso del mercato

Citando un blog americano, Cleantechnica.com, in un articolo del suo direttore Zachary Shahan troviamo indicato che nell’ultimo anno si sono venduti 47.500 veicoli elettrici negli U.S.A., cifra mai raggiunta prima in un solo anno. In generale il comparto delle energie alternative ha visto un incremento del 73%, con 440.000 unità tra ibride, ibride Plug-in e pure elettriche.

Noi ricordiamo invece il milione di immatricolazioni complessive di auto ibride raggiunto da Honda, l’inaspettatamente alta partecipazione all’iniziativa di Nissan The Big Turn On e l’esaurimento delle nuove Volvo ibride prima ancora che venisse ultimata la produzione delle prime migliaia di esemplari.

Nello specifico dell’Italia sono Renault, Peugeot e Citröen a farla da padrone: il veicolo più venduto è Twizy, segnale che per l’utenza italiana l’auto elettrica è legata all’idea di mezzi alternativi per il trasporto urbano, meglio se rappresenta una declinazione ecologica dell’uso dello scooter.

A proposito di due ruote: tendono misteriosamente a non rientrare mai negli incentivi statali eppure gli e-scooter hanno una discreta diffusione, probabilmente perché bypassano i problemi legati alla rete di rifornimento precaria di cui disponiamo sul nostro territorio. Infatti la maggior parte oggi ha la batteria estraibile grazie a peso e dimensioni modeste.

Nel Bel Paese il problema principale è fin’ora stato l’assenza di un progetto nazionale di assistenza alla mobilità elettrica: i numeri sono rimasti bassi perché pochi automobilisti se la sentono di affidarsi “al fato”, ossia al rischio di non incontrare stazioni di ricarica. E poiché la durata delle batterie dipende dallo stile di guida – il che non attiene alla disponibilità di potenza quando serve, bensì al non abusare dell’acceleratore – non appare casuale che la concentrazione di EV italiani si trovi nelle zone costiere e pianeggianti, ossia laddove si pensa di poter avere una guida meno nervosa e più propensa alle marce lunghe.

Lo scenario attuale potrebbe però mutare rapidamente: Enel ed Eni, i due giganti della gestione e distribuzione nel settore energetico, pare abbiano stretto un accordo per abbinare alle pompe di benzina le colonnine di ricarica per gli EV.

Se il 2013 davvero vedesse completarsi quest’operazione allora ci troveremmo di fronte ad una prima rete di distribuzione dell’elettricità per i veicoli a batterie organizzata sul territorio nazionale.

Non sarebbe allora irreale l’addio alla tanto cara logica del “cane che si morde la coda” secondo la quale il basso numero di immatricolazioni annue del mercato italiano rendeva il settore elettrico un terreno arido per investimenti. Una strategia di rimessa disarmante, troppo spesso sposata da chi quel mercato dovrebbe incentivarlo: quasi ci si fosse dimenticati che il commercio è una fiamma che va rinfocolata e non certo lasciata senza ossigeno.

Ancora una volta dall’estero arriva un esempio: negli ultimi mesi del 2012 in Canada è stata approntata una rete di ricarica dislocata lungo l’asse costiero del paese; non pensiamo sia azzardato scommettere che i numeri dell’elettrico e dell’ibrido là cresceranno, non credete?

 

 

Il caso Ampera-Volt

Nell’elettrico in Europa ottimi riscontri di pubblico sono stati ottenuti dalla Ampera, auto elettrica range extended che, sotto il marchio Vauxhall in Inghilterra ed Opel nel resto del Vecchio Continente, è stata la più venduta con una quota nel segmento specifico di mercato pari al 21%.

Unitamente va considerata anche la Chevrolet Volt, declinazione statunitense della medesima vettura, anche lì la più venduta.

Ma essa detiene un altro primato: è l’auto che tra i consumatori europei ed americani ha riscosso la più alta percentuale di utenza soddisfatta al punto da dichiarare che rifarebbe la stessa scelta, ben il 92% degli acquirenti. E questo non solo tra le elettriche ma in assoluto.

Un risultato che acquista tanto più valore se si considerano due fattori, uno per continente: in Inghilterra la campagna pubblicitaria della Vauxhall era stata tacciata di scarsa chiarezza riguardo alla natura di elettrica extended range e non puramente elettrica del veicolo e l’imposizione di una rettifica da parte delle autorità inglesi non ha certo beneficiato all’immagine del modello; negli States, invece, i detrattori dell’elettrico si sono attaccati con le unghie alla teoria che la Volt fosse un’auto pericolosa perché facilmente soggetta ad incendi, mistificando e parzializzando i test che la stessa Chevrolet ha condotto sulla sua creatura. Sforzi risultati vani, dato l’incremento vertiginoso di vendite della stessa vettura, che nel periodo Gennaio-Novembre ha toccato quasi le 21.000 unità vendute, attestandosi sul 239.1% in più rispetto al 2011.

 

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