Batterie rimpicciolite del 20% e più economiche? Forse, grazie ai nuovi sensori allo studio dell’ARPA-E

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photo credit: ThiagoMartins via photopin cc
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Ridimensionare le batterie dei veicoli elettrici è uno degli obiettivi cui l’industria corre dietro negli ultimi anni: batterie più piccole sono sinonimo infatti di minori peso e costi. L’ultimo filone di ricerca supportato dal programma dell’agenzia statunitense ARPA-E (Advanced Research Projects Agency for Energy) vede nella progettazione di appositi sensori che monitorino le celle del pacco batterie la chiave per ottenerne una globale riduzione delle dimensioni e dei costi del 20-30%, che diverrebbe addirittura del 50% per le unità dei veicoli ibridi.

 

Ma cosa c’entrano dei sensori con le dimensioni di un pacco batterie?

Allo stato attuale dell’arte i costruttori automobilistici concepiscono le batterie destinate ai veicoli elettrici con una serie di misure di sicurezza al contorno per evitare che queste lavorino a voltaggi eccessivi e si surriscaldino – limitando, ad esempio, le modalità di ricarica – e una percentuale della loro capacità è mantenuta a parte per costituire una sorta di riserva pronta ad intervenire qualora le prestazioni della batteria dovessero per qualche motivo decadere.

Tali precauzioni vengono prese perché è effettivamente impossibile sapere cosa stia succedendo con esattezza all’interno delle singole celle delle quali una batteria è composta, vale a dire quali temperature, quali modificazioni alla composizione chimica, quali sollecitazioni meccaniche ed infine quali voltaggi interessino ogni singolo elettrodo.

Da questo punto nasce la ricerca dell’ARPA-E: dandogli la possibilità di monitorare in dettaglio il comportamento di ogni cella, chi costruisce batterie è messo in grado di eliminare certe approssimazioni e di spingere ogni cella al proprio limite estremo ma in sicurezza, il che si traduce nella possibilità di dimensionare esattamente le unità senza rinunciare alle prestazioni.

 

Fibre ottiche e nuovi tester sulla composizione chimica

I progetti che rientrano nei 30 milioni di dollari di finanziamento per la ricerca dell’ARPA-E sono 14 ed uno di questi, condotto dal Palo Alto Research Center californiano, sta studiando proprio l’utilizzo di sensori in fibra ottica per tenere sotto controllo il funzionamento delle celle delle batterie. Non avendo proprietà conduttive, la fibra ottica convive con i dispositivi elettrici senza influire sul loro funzionamento, dimostrandosi adatta allo scopo: l’aggiunta di questi sensori comporta un 5% in più sui costi di produzione, abbondantemente compensati però dalla possibilità di ridimensionare l’intero pacco batterie di un buon 25%.

Presso l’Oak Ridge National Laboratory, oltre che lo sviluppo di sensori per le celle, i ricercatori stanno mettendo a punto anche un tecnologia in grado di raffreddarle o riscaldarle dall’interno, garantendo così il mantenimento della temperatura d’esercizio ottimale.

Ma anche un grande Marchio come Ford sta lavorando a nuove tecnologie per migliorare le batterie dei veicoli elettrici, sempre all’interno del programma dell’ARPA-E: in questo caso l’attenzione è incentrata sullo sviluppo di un tester che rilevi accuratamente tutte le eventuali modificazioni indesiderate ala composizione chimica degli elementi interni al pacco batterie.

La sua utilità si rivelerebbe fondamentale nella ricerca di nuove formule chimiche migliorative rispetto alle attuali ma anche in un suo impiego a bordo dei veicoli, qualora si riuscisse anche a miniaturizzare il tester: personalizzare i sistemi di controllo delle batterie vorrebbe dire aumentare la competitività nel settore dei singoli produttori automobilistici, al momento legati a procedure standard generalizzate.

 

Qualche dubbio sulla possibilità di scalare così significativamente le dimensioni ed i costi delle batterie per veicoli elettrici è nutrito da un altro colosso dell’automobile, General Motors: il direttore del gruppo di progettazione delle batterie Bill Wallace si è espresso infatti in modo critico, sostenendo che la strada più plausibile per ottenere dei miglioramenti sia quella dei piccoli passi. L’idea dell’ARPA-E è valida, non c’è motivo per non esplorarla, ma viene considerata da GM più fattibile sul piano teorico che non pratico. Anche se al di fuori del programma governativo dell’ARPA-E, comunque GM sta lavorando anch’essa ai sensori per le sue batterie.

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: MIT Technology Review