Cina, una strada in salita per l’auto elettrica

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Smog a Beijing - photo credit: Lu, Feng via photopin cc
Smog a Beijing - photo credit: Lu, Feng via photopin cc
Smog a Beijing – photo credit: Lu, Feng via photopin cc

È uno dei più grandi mercati asiatici e mondiali delle 4 ruote e l’industria occidentale la considera terra di conquista, in particolare per le auto elettriche: malgrado il bisogno di combattere lo smog, la Cina non sembra però recepire così bene l’elettrico.

Da una parte il governo, dall’altra i Cinesi: è un po’ questa l’impressione che si ricava notando come lo Stato cerchi di limitare il proliferare di auto con motore endotermico e favorire invece le “zero emission” incontrando però la resistenza della sua popolazione ad acquistare i veicoli con tale tecnologia.

La sola Beijing, Pechino all’italiana, conta 21 milioni di abitanti ed un parco mezzo che al 2012 attestava 1 veicolo ogni 4 individui: una così alta concentrazione di motori ha portato la megalopoli cinese ad essere la seconda più inquinata al mondo dopo Nuova Delhi, con incidenza di malattie polmonari e cardio-vascolari devastante.

La situazione è comune, in misura minore, a diverse altre mastodontiche conurbazioni della Cina e lo Stato non fa mistero da diversi anni di aver prescelto la mobilità elettrica come via per migliorare la situazione e allo stesso tempo far crescere una florida industria interna basata sulla green economy.

Dal controllo delle nascite al controllo delle immatricolazioni: così la Cina moderna cerca di orientare il mercato interno dell’automobile, avendo istituito un’infernale lotteria attraverso la quale filtrare le richieste di immatricolazione di nuove vetture a carburante fossile e mettendo sull’altro piatto della bilancia agevolazioni per registrare invece un Electric Vehicle.

Nel caso di Beijing il meccanismo stenta però ad ingranare.

Il South China Morning Post, citato dall’International Business Time, riporta che alla prima decina di Febbraio le richieste di immatricolazione di auto tradizionali sono state la bellezza di 1 milione e 840mila contro le irrisorie 1,701 fatte per auto elettriche.

Questo – cosa che prelude alla spiegazione del fenomeno – malgrado la lotteria” delle immatricolazioni lasci ai residenti di Beijing lo 0.09% di possibilità di vedersi accettare la richiesta: anche sottoponendo per ben 37 volte la domanda alla pubblica amministrazione le possibilità di poter acquistare un’auto endotermica salgono appena al 2.4%.

Per gli EV Pechino ha invece 20,000 permessi disponibili e, da fine Gennaio 2014, uno degli incentivi statali più congrui al mondo, ossia 10,400 dollari americani (7,739 euro).

La risposta alla domanda “perché i Cinesi, anche se costretti, non acquistino auto elettriche” sembra avere due semplici risposte, una connaturata al costume e l’altra alla diffidenza.

I Cinesi storicamente non apprezzano le auto prodotte in patria: a quanto riportato dai giornali, sembra che nutrano un sentimento di sfiducia cronica paragonabile a quello che gli Italiani accostano al marchio FIAT e che soffrano da sempre il fascino delle auto straniere, acquistandone una appena possibile.

D’altronde è comprensibile vista la storia protezionistica del Paese, che ha così incentivato molti a vedere quanto arriva dall’estero come un frutto proibito, ergo, più appetibile di quelli domestici. A tal proposito, una delle ultime mosse del governo cinese è stata proprio quella di favorire l’import di modelli dall’Occidente, suscitando la reazione di BYD, principale produttore di EV del Paese, che avrebbe preferito avere in patria un mercato indirizzato verso i suoi veicoli.

Probabilmente, l’arrivo graduale delle elettriche importate da Europa e USA o prodotte appositamente per il mercato asiatico dai brand occidentali potrebbe sparigliare le carte, sebbene i prezzi gravati dai dazi doganali non rendano queste auto accessibili se non alla nuova classe arricchita della Cina.

Al di fuori della mentalità, esiste poi sempre un altro problema, ossia quello delle infrastrutture. Beijing ha una flotta di mille taxi elettrici (delle BYD e6 Crossover) e 500 colonnine di ricarica pubblica: già così le code per rifornire sono interminabili.

L’industria dell’auto occidentale e lo Stato se vogliono far decollare l’elettrico devono quindi affrontare seriamente il problema della ricarica in strada e di tipo rapido, esattamente come in Europa e USA ma sulla mastodontica scala della Cina: questo potrebbe però essere visto di buon occhio da chi è in grado di cogliere l’occasione ed accaparrarsi gli appalti giusti.

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: International Business times via Investing.com

 

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