Elettrifico la bici: ma devo omologarla?

di Gianni Lombardo
17783

1 KB_Montato B_2012Quali regole deve seguire l’installazione di un kit in grado di trasformare una bicicletta tradizionale in una a pedalata assistita e il veicolo così assemblato richiede una specifica omologazione? Abbiamo cercato di rispondere ai dubbi e alle domande di venditori e clienti.

La costante crescita della diffusione della bici a pedalata assistita come mezzo di mobilità sostenibile rispettoso dell’ambiente, ha riportato d’attualità la possibilità di trasformare biciclette tradizionali in vere e proprie EPAC (Electric Pedal Assisted Cycle). A tale proposito numerosi sono i kit di conversione disponibili sul mercato che consentono il montaggio, seppur nella diversità delle configurazioni, essenzialmente di un motore d’assistenza elettrico, di una centralina di controllo, sensori di pedalata e/o di sforzo, batteria e leve freno cosiddette cut-off, in grado cioè di sospendere l’erogazione di corrente al motore all’atto della frenata, nonché di un display con i principali indicatori di funzionamento e i livelli di assistenza.

I kit spesso consentono al cliente gradi di personalizzazione e di successivo aggiornamento dei componenti, particolarmente graditi in funzione dello specifico utilizzo della bicicletta.

Per contro richiedono un accurato assemblaggio e, nel caso dei kit “aperti”, quelli cioè non venduti già predefiniti, una buona capacità di scelta dei singoli componenti e della loro compatibilità anche in funzione della particolare tipologia di bicicletta a cui sono destinati.

Il montaggio generalmente segue tre diverse modalità: presso centri specializzati di assistenza, come alcuni produttori suggeriscono o impongono, a cura del rivenditore o con il classico “fai da te”.

A questo punto la nuova bici a pedalata assistita è pronta, ma può regolarmente circolare senza problemi?

 

Cosa dice la legge

La normativa vigente, recepita all’art. 50 del Nuovo Codice della Strada, dl 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni, è dettata dalla Direttiva 2002/24/CE relativa all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote che all’art. 1 punto h, precisa che la stessa non si applica a:

«biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare».

In altri termini non è richiesta alcuna omologazione per le EPAC come sopra definite, ed esse sono classificate come biciclette a tutti gli effetti.

Altra cosa è per i veicoli a pedalata assistita il cui motore dispone di una potenza nominale superiore a 0,25 kW ma inferiore a 1 kW anche se di velocità non superiore a 25 km/h, classificati nella direttiva come motocicli a prestazioni ridotte, che devono essere omologati anche se sono esclusi da alcune prescrizioni.

Tutte le altre bici elettriche equipaggiate con motori di potenza nominale superiore a quelle precedentemente indicate e velocità massima oltre i 25 km/h sono classificate come ciclomotori e devono essere omologate come tali.

 

Standard europeo e sicurezza dei prodotti

L’EPAC è stata definita a livello europeo introducendo lo standard EN 15194 ma la maggior parte degli stati membri (uniche eccezioni Francia e Inghilterra) non hanno reso obbligatoria la conformità per cui è ammessa una semplice autocertificazione che, come ci hanno confermato Sergio Zucchi Sales Director Italia e Filippo Labadini R&D and Quality Manager di Sunstar, società produttrice sin dagli anni Novanta di kit motori per biciclette a pedalata assistita, «…non necessita di essere presentata a terzi, è comprensiva della documentazione relativa a tutta la componentistica che costituisce la EPAC (telaio, ruote, motore, freni, etc) e può essere considerata valida sia per il privato che si costruisce la propria bici a pedalata assistita in casa, sia per il produttore industriale».

Tutti i prodotti poi devono rispettare la Direttiva 2001/95/CE del 3 dicembre 2001 che stabilisce «… a livello comunitario un obbligo generale di sicurezza per tutti i prodotti immessi sul mercato, o altrimenti forniti o resi disponibili ai consumatori, destinati ai consumatori o suscettibili, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzati dai consumatori anche se non loro specificamente destinati».

Sulla base di essa un prodotto è sicuro se rispetta le disposizioni di sicurezza previste dalla legislazione europea o, in assenza di tali disposizioni, se rispetta quelle specifiche nazionali.


Food Wine Design - BoschInterpretazioni restrittive

Se le norme disegnano un quadro privo di problemi in caso di acquisto di un prodotto finito, cioè di una bici a pedalata assistita già completa in ogni sua componente, altrettanto non può dirsi per i kit destinati a elettrificare una normale bicicletta.

In questo caso infatti si registrano sul mercato opinioni discordi sull’iter certificativo da seguire e sulla fattibilità dell’operazione da parte di un rivenditore o di un privato.

Lo conferma Francesco Marzari, Bosch eBike Technical Sales di Robert Bosch GmbH azienda oggi leader nel settore, che sostiene: «L’argomento è probabilmente uno dei più sottovalutati dall’industria in questo momento. Le EPAC sono a tutti gli effetti veicoli a motore e in quanto tali necessitano di omologazione. La direttiva europea prevede una deroga alla normativa se i veicoli in oggetto presentano determinate caratteristiche: velocità max 25km/h, sensore di pedalata, potenza nominale massima continua di 250 W. Solo così il costruttore della bicicletta potrà ottenere dall’organo preposto in ogni stato della comunità la certificazione CE. Ma attenzione, la normativa è chiara e parla di veicoli, non di una bici a cui si aggiunge in un secondo tempo un motore o dei componenti. I telai classici non sono progettati per ospitare un motore e per gestire lo sforzo a meno che non lo siano dalla Casa che si assume tutte le responsabilità. Chi installa un motore successivamente dovrebbe presentarsi all’organo preposto, immagino la motorizzazione in Italia, con la dichiarazione di conformità da parte di tutti i fornitori dei singoli componenti che si assumono il rischio per un uso diverso da quello per cui sono stati progettati. Solo così il nostro consumatore potrà forse ottenere la certificazione, ma dubito che un costruttore di telai possa accettare questo accordo. Risultato: se la bici nasce con il motore e il costruttore si assume il rischio, come accade per ogni bici che un’azienda produce, la bici potrà essere certificata CE e quindi commercializzata. Ogni altra soluzione prevede, in caso d’uso su strade aperte al traffico, il sequestro del mezzo per mancata conformità. Questo non lo dico io come Bosch, ma la Direttiva Europa 2002/24/CE».

Un’interpretazione questa che, se confermata, precluderebbe nella maggior parte dei casi l’accessibilità da parte di rivenditori e privati all’assemblaggio autonomo dei numerosi kit di conversione in vendita, sia per gli oneri certificativi che per quelli economici.

 

Il parere di Confindustria ANCMA

L’ing. Piero Nigrelli, Direttore del settore ciclo di Confindustria ANCMA, l’Associazione Nazionale dei Costruttori di Cicli Motocicli e Accessori, così chiarisce l’attuale situazione normativa: «Partiamo da alcune premesse importanti: prendiamo una bici a norme EN (oggi ISO) e un kit a norma CE. Ovviamente parliamo di un kit che rispetta i parametri europei per la definizione di bici a pedalata assistita e cioè con motore di potenza nominale non superiore a 250 W, velocità massima 25 hm/h, sensore di pedalata ecc. Per quanto riguarda la vendita dei due componenti separati, bici e kit, non ci sono problemi essendo entrambi per proprio conto in regola e in possesso delle rispettive certificazioni. Assemblando i due prodotti otteniamo una EPAC che in forza dell’art. 1 lettera h della direttiva 2002/24/CE è esclusa dalla procedura di omologazione in quanto classificata come bicicletta. In quanto tale non richiede ulteriori certificazioni specifiche ma deve ovviamente rispettare la direttiva sulla sicurezza cioè la 2001/95/CE come qualsiasi altro prodotto. Se l’assemblaggio del kit sulla bici viene effettuato dall’utente stesso, sarà lui ad assumersi la responsabilità della sicurezza, ma non deve produrre alcuna documentazione a terzi né presentarsi ad alcun ente certificativo né pagare alcun tributo.

Se il montaggio viene eseguito dal rivenditore o dal meccanico, sulla cui costruzione e vendita otterrà anche un guadagno, allora il dealer diventerà responsabile della sicurezza del prodotto per quanto riguarda l’assemblaggio, non della bici o del kit che dovranno a loro volta rispondere alle proprie normative».

In altri termini si potrebbe dire che la prassi da seguire non sarebbe diversa da quella prevista nel caso in cui si sostituiscono su una bici tradizionali componenti importanti quali i freni, il gruppo o il manubrio per i quali non è richiesta ovviamente alcuna pratica omologativa ma l’assunzione della responsabilità della sicurezza dell’assemblaggio stesso da parte di chi esegue l’installazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 COMMENTS

  1. Temo che la burocrazia, come al solito, faccia passare in secondo piano l’aspetto pratico, ovvero premia chi sa scrivere carte e penalizza i bravi tecnici.
    Per esempio io mi sono battuto in sede euroepea, per la potenza: 250w per chi abita in montagna, sono inutili.
    –Lo scopo è comunque sempre quello: scaricarsi delle responsabilità.–
    Questo frena anche la diffusione della conoscenza tra gli esseri umani e li fa regredire.

  2. E’ vero che i pareri e le affermazioni sono tante e spesso discordanti tra loro. Sempre alla fine a discapito degli utilizzatori finali, specie quando c’è poca serietà e ambizione al solo guadagno. Personalmente suggerisco, nella confusione per dare un pò di sicurezza specie agli utenti, di selezionare almeno i kit conformi alle normative CE previste. Motore e batteria devono essere certificati, testati e conformi. Almeno così potete salire sulla vostra Pedelec con maggiore tranquillità sapendo di avere un produttore serio alla spalle. I kit Ansmann Germania, che noi trattiamo, sono conformi e testati in base alle norme previste. Un guida sicura per tutti!

Comments are closed.