Europa, il passaggio ad una low carbon economy è fondamentale per la finanza

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photo credit: Power station via photopin (license)
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Non attrezzarsi per un graduale cambiamento del modello di consumo legato ai carburanti fossili equivale a mettere l’Europa dei prossimi anni di fronte ad un brusco risveglio, con le turbolenze finanziarie che ne deriverebbero.

È questa l’analisi pubblicata dall’European Systemic Risk Board (ESRB) in merito alla necessità di adeguare il sistema di vita dell’Unione ad un’economia che non si fondi più sull’utilizzo intensivo delle fonti non rinnovabili.

Uno shift improvviso sarebbe deleterio ma è la prospettiva cui andrebbe incontro il continente qualora un costante e graduale sviluppo delle tecnologie alternative non venisse adeguatamente perseguito.

L’ESRB, costituito nel 2010 al sorgere della crisi finanziaria che ha caratterizzato l’ultimo lustro e più di vita della UE, ha realizzato uno studio indagando i rischi associati ad una eventuale transizione tardiva verso un’economia a basso impatto ambientale.

La situazione è esposta in modo semplice: per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C è necessario ridurre le emissioni globali dei cosiddetti greenhouse gas nel giro di pochi decenni.

Tale riduzione non è pensabile se non tagliando l’utilizzo di combustibili fossili da parte delle maggiori economie, il che si traduce in un deciso abbandono delle energie da fonti non rinnovabili a vantaggio delle rinnovabili, nonché la conversione dei relativi capitali in altri settori.

Secondo ESRB gli scenario che gli Europei avranno davanti sono due, uno benigno ed uno maligno.

Nel primo la transizione avverrà gradualmente ma a ritmo continuo, permettendo così un adeguamento dei costi dell’operazione nel tempo e consentendo una gestione del costo dei carburanti – quelli fossili subiranno inevitabilmente un ritocco, non solo in termini di consumo ma soprattutto per quel che riguarda gli asset produttivi e su di essi basati – tale da non provocare alcun rischio sistemico per gli investitori.

Unico neo, è l’assenza, per il momento, di politiche aggiuntive o di scoperte tecnologiche abbastanza forti da invertire la tendenza nel medio termine a ridurre, e non aumentare, le emissioni di gas nocivi anche in uno scenario di transizione.

Il vero obiettivo del report è però mettere in guardia dalla seconda, e più malevola, prospettiva, vale a dire quella nella quale la necessità di una low carbon economy si imponga come improcrastinabile da un oggi ipotetico ad domani.

Tirare la corda porterebbe infatti a dover operare un cambiamento netto e senza mezzi termini, probabilmente attraverso il contingentamento dell’utilizzo delle fonti fossili con una conseguente ricaduta pesante sui loro costi al consumo.

Anche i costi di transizione, costretti in tempistiche ristrette, salirebbero, rendendo l’operazione decisamente meno digeribile.

Per gli autori dello studio sono ulteriormente tre le tematiche di rischio da tenere in considerazione in questa eventualità perché in grado di compromettere il sistema economico: primo, qualsiasi passaggio improvviso da un’economia basata sulle energie fossili ad una incentrata sulle rinnovabili equivarrebbe a danneggiare il prodotto interno lordo dei Paesi coinvolti, dato che le risorse alternative sarebbero probabilmente ridotte nella loro disponibilità e, quindi, estremamente care; in secondo luogo, una rimodulazione repentina dei prezzi degli asset basati intensivamente sull’energia fossile, spesso finanziati in buona parte dal debito, potrebbe portare a dei problemi; infine, un aumento delle catastrofi naturali legate al cambiamento climatico spingerebbe assicuratori e riassicuratori verso una generale passività.

Detto ciò, gli analisti dell’European Systemic Risk Board ritengono che se i governo daranno seguito agli impegno già presi, è plausibile un “atterraggio morbido” in uno scenario di cambiamento.

Con la gradualità del passaggio ad una economia a basso impatto ambientale, sia il capitale sociale che i costi delle nuove tecnologie hanno un ragionevole tempo di adattamento davanti a sé.

Al contrario, un atterraggio d’emergenza sarà l’unica via d’uscita, con tutte le conseguenze del caso, qualora l’attuale sistema finanziario della UE dovesse tardare ad adeguarsi, ignorando sino all’ultimo quelle che sono le necessità imposte dall’ambiente e le problematiche di un brusco cambiamento che pagherebbe l’assenza di investimenti pregressi ed un deficit tecnologico cui far fronte.

 

 

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: ESRB