India, le bici elettriche aiutano la crescita economica delle campagne

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India
India - photo credit: RussBowling via photopin cc
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India – photo credit: RussBowling via photopin cc

Nelle grandi regioni interne dell’India i veicoli elettrici stanno offrendo una nuova opportunità di riscatto sociale per le fasce più povere di lavoratori: meno fatica e maggior capacità di spostamento consentono di guadagnare di più, rendendo le due ruote elettriche appetibili.

La realtà rurale dell’India è dura ed impone ai suoi abitanti enormi sforzi, uno dei quali è rappresentato dagli spostamenti: da quelle parti non ci sono trasporti pubblici e permettersene di privati è un lusso per pochi. Le biciclette, da sempre, sono il mezzo di trasporto privilegiato: le attività lavorative, spesso erranti fra villaggi diversi, sono direttamente influenzate dalla capacità di spostamento delle persone e, in questo, più si è fisicamente forti, più si è in grado di guadagnare.

Ecco che allora si apre una prospettiva inusitata sino a qualche anno fa per una forma di mobilità che in India stenta a decollare più che altrove. A vendere auto elettriche nel Paese di Gandhi ci hanno provato sia piccole aziende che colossi come Mahindra: i numeri sono sempre rimasti bassi, soffocati dalla diffidenza degli Indiani e strozzati da problemi cronici alle reti elettriche in molti Stati del Paese.

Da qualche tempo, però, chi vuole credere nella mobilità elettrica ha capito qual è la leva giusta da usare: non tanto l’ecologismo quanto la convenienza. La sensibilità ambientale degli Indiani, in questo non dissimili da noi, fa sì che possano riempire gli showroom e provare incuriositi i veicoli elettrici senza però poi concludere nemmeno un acquisto: “costano troppo e chissà se davvero non mi lasceranno appiedato” è il ragionamento più comune.

È dalle campagne che è iniziata una fase diversa, dicono i responsabili di Ampere Vehicles Pvt. Ltd., ed Hero Electric, società che producono e importano in India veicoli a emissioni zero intervistati dai corrispondenti di E&E Publishing LLC.

Per chi fa il medico o il piccolo commerciante, spostarsi vuole dire raggiungere clienti: più ci si può spostare e più clienti si possono servire. Inoltre, tanta più merce si può trasportare, tanti più affari si possono concludere: l’età, in questo meccanismo, ha ovviamente un ruolo preponderante.

Così, per chi fa fatica a mettere assieme un centinaio di dollari all’anno, una bici o uno scooter elettrico possono rappresentare un salto di qualità notevole, in grado di far fare loro in pochi anni quanto non erano riusciti in decenni.

Sembra un’esagerazione, eppure le storie riportate sono eloquenti.

Un omeopata ed una venditrice di snack e bibite nelle fabbriche sono i protagonisti esemplari: entrambi non più giovanissimi (62 e 52 anni) ed entrambi obbligati a muoversi di villaggio in villaggio ogni giorno in bicicletta. Finchè non hanno deciso di compiere il salto e comprare, non senza sacrifici, un motorino elettrico. Nulla di potente, quanto basta per spostarsi.

Ebbene, tutte e due le storie hanno un esito positivo: la maggior velocità di spostamento e la possibilità di portare con sé più erbe medicinali, in un caso, e più cibarie, nell’altro, hanno permesso ai due protagonisti di triplicare i propri guadagni. Il medico può visitare più pazienti e vendere le erbe che trasporta in anche alle farmacie lungo i suoi percorsi: se prima faticava a racimolare 10mila rupie, poco più di 150 dollari, all’anno, adesso riesce a guadagnare 35mila rupie, circa 563 dollari annui.

La venditrice, invece, è passata dall’avere 50 clienti al giorno all’averne 300: dopo aver venduto the per 20 anni, per la prima volta riesce a guadagnarci ed in meno di 5 anni ha potuto costruirsi una casa nuova e avanzare dei risparmi per gli studi dei figli.

I miei vicini mi invidiano tutti e mi chiedono come abbia fatto a cambiare la mia vita così”, riportano i cronisti.

Ecco, proprio questa leva, emotiva ma basata su di un’esigenza estremamente pratica, sta dando ai veicoli elettrici, specie due ruote, una veste nuova agli occhi delle classi di lavoratori indiani: il prezzo è un investimento importante per loro ma la prospettiva di guadagno sul lavoro li attira.

Non c’è nessuna idea di riscaldamento globale o protezione dell’ambiente in loro – dice il responsabile di un produttore di EV indiano – ciò che interessa dei veicoli elettrici è che aiutano a guadagnare di più e fanno spostare più facilmente nelle campagne, dove l’auto privata non ce l’ha nessuno”.

In alcune aree il ritmo di vendita per le due ruote elettriche è salito sino alle 600 unità al mese, non male rispetto alle 2,500 auto elettriche vendute in tutta l’India da Mahindra dal 1990 ad oggi. La stessa SMEV (Society of Manufacturers of Electric Vehicles) riporta il passaggio dalle 40,000 unità di scooter elettrici del 2009 alle oltre 100,000 del 2011: ragioni dominanti sono il prezzo, più basso di una moto tradizionale, e il costo ogni km percorso, circa un terzo di un due ruote a carburante.

Certo, la strada per un cambiamento globale del mercato dei trasporti del gigantesco Paese asiatico è ancora lunga e disseminata di ostacoli: gli scooter elettrici costano comunque tanto per chi è nel vortice della povertà e le banche non si fidano a prestare loro soldi perché si tratta di veicoli che in India non richiedono immatricolazione e patente, dando quindi poche garanzie di rintracciabilità.

Poi, i blackout (a volte anche di mesi, cose per noi inimmaginabili) che interessano le reti di distribuzione e le differenze fra realtà urbane e rurali sono ancora problemi da affrontare.

Per la prima volta, però, nel 2013 anche nelle città la richiesta di EV è salita del 30% ed ai blackout c’è chi, con la proverbiale tenacia indiana, trae spunto per offrire comunque le auto elettriche ai clienti: con tutta l’energia che possono accumulare volete che non possano alimentare ventilatori o lampadine?

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: E&E Publishing