La batteria del futuro: sottile come un foglio, deformabile e wireless

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La batteria tirata sino a raggiungere il 300% delle sue dimensioni di partenza mentre alimenta il LED (Credit: Nature Communications)
La batteria tirata sino a raggiungere il 300% delle sue dimensioni di partenza mentre alimenta il LED (Credit: Nature Communications)

È una membrana flessibile come una pelle, la si può tirare per i lembi, allungare, piegare o appallottolare: se non l’avessi vista nel video girato dai ricercatori che l’hanno presentata, forse non ci crederei.

Non ha nemmeno bisogno di essere collegata ad alcun cavo per caricarsi ed è chiaro che si tratta di una rivoluzione nel mondo dell’elettronica. Pensiamo soltanto alle applicazioni sottopelle cui può prestarsi e che garantiscono la sopravvivenza ai cardiopatici, tanto per dirne una.

Il progetto è stato sviluppato da Yonggang Huang della Northwestern University e John A.Rogers della University of Illinois e si tratta della prima batteria agli ioni di litio “elastica” di cui sia stata dimostrata l’efficienza.

Naturalmente non smette mai di funzionare, anche quando la allungate o contorcete: i due ricercatori l’hanno anche indossata (sul gomito, tanto per non smentirsi) ed il LED che essa alimentava non si è mai spento.

Le capacità di questo dispositivo ultra leggero e ultra sottile sono paragonabili a quelle di una batteria al litio tradizionale di eguali dimensioni, quindi, possiamo provare ad immaginarci cosa può significare avere a disposizione tanta energia in poco spazio e soprattutto poco peso: un vantaggio enorme, in qualsiasi settore merceologico.

La “batteria elastica” nasce dai sei anni di ricerche condotti assieme da Huang e Rogers sulle tecnologie che permettono ai dispositivi elettronici di essere configurati malleabilmente: ma, in pratica, come ci sono riusciti? Cercando di riassumerlo in poche parole, sviluppando un sistema formato dall’interconnessione di tanti piccoli componenti, che costituiscono le unità di immagazzinamento e gestione dell’energia, tramite legami disposti in forma di onde, cioè i cavi che trasportano l’energia, che consentono l’elasticità dell’insieme.

Huang e Rogers, rispettivamente dedicati alla progettazione teorica ed alla realizzazione sperimentale, hanno perfezionato un metodo chiamato “space filling technique” (“tecnica di riempimento degli spazi”) che gli ha permesso di ottenere un’unità batteria molto piccola ma ad alta densità energetica.

Il primo passo è stato sviluppare una tecnologia apposita, definita “pop-up technology”, che consiste nel connettere con dei cavi metallici, mobili ed elastici, le micro componenti rigide che formano un circuito. In questo modo, l’insieme del circuito si può comportare come una grande griglia nella quale i nodi sono rigidi e i fili, che sono le parti non rigide, fanno da ponti mobili, deformandosi se sottoposti a trazione o compressione.

Per poter funzionare, però, questa tecnologia necessita di una gran quantità di spazio tra un elemento e l’altro del circuito, vale a dire tra un nodo e l’altro della maglia: cosa incompatibile con la realizzazione di una batteria di ridotte dimensioni, dove tutto deve essere compattato in poco spazio.

A questo punto entra in campo la “space filling technique” in supporto alla tecnologia “pop-up” che rende deformabili i collegamenti: per comprimere le quantità di cavo richieste per connettere le componenti tra loro, Huang e Rogers sono ricorsi ad una disposizione intelligente del filo metallico che sfruttasse tutto lo spazio disponibile.

Si tratta di un’organizzazione in forma di ”molle a scatola cinese” (o “molle senza molle”, come l’hanno chiamata i suoi padri): se si

Configurazione del pattern di elettrodi e relative interconnessioni della batteria (Credit: Nature Communications)
Configurazione del pattern di elettrodi e relative interconnessioni della batteria (Credit: Nature Communications)

osserva la struttura della batteria, si nota che tra gli elementi rigidi vi sono delle serpentine di collegamento disposte in forma di “S”. Sono loro che trasportano l’energia e sono loro che si allungano quando si tira la membrana: estendendosi, rivelano di essere a loro volta composte da un filo serpentinato che solo una volta teso del tutto rivela la completa estensione del collegamento.

Non appena si smette di esercitare la forza sulla batteria, il filo riprende la propria configurazione originale, ricompattandosi nelle serpentine di partenza: questo sistema permette al dispositivo elettronico nel suo insieme di essere dilatato fino al 300% della sua dimensione a riposo.

 

È una tecnologia che apre scenari inimmaginabili fino ad un decennio fa e non va trascurato che questa batteria è anche wireless per quanto riguarda per la ricarica: pensiamo un po’ che duttilità d’impiego potrebbe avere anche nel campo dei veicoli elettrici.

Oggi le batterie sono pur sempre un ingombro ma se un domani dovessero non pesare quasi e “sparire” nello spessore della carrozzeria o del pianale di un’auto, beh, allora si potrebbe dire addio a tante paranoie in parte già non giustificate oggi.

 

Maggiori dettagli sullo studio sono contenuti nel documento (Stretchable batteries with self-similar serpentine interconnects and integrated wireless recharging systems) redatto dagli stessi Huang e Rogers assieme al co-autore Yihui Zhang ed altri studiosi, sempre della Northwestern University, pubblicato sul giornale scientifico on line Nature Communcations.

La ricerca teorica svolta da Huang è stata anche supportata dall’ISEN, l’Initiative for Sustainability and Energy della Northwestern University.

 

 

[A.L.]

(Un ringraziamento a Megan Fellman per le immagini dell’esperimento)

 

 

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