Minicar elettriche, il fenomeno di un’industria inarrestabile e sotterranea in Cina

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photo credit: gavinbloys via photopin cc
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L’industria dell’auto non brilla certo per i grandi numeri e per questo anche i brand europei si rivolgono ai mercati dell’Asia. La Cina, in particolare, è stata designata come terra di conquista e, nei piani del governo di Beijing, soprattutto in ottica “zero emissioni“.

Tuttavia, l’elettromobilità con la “e” maiuscola non è ancora decollata: il vero fenomeno è rappresentato da quelli che in America chiamano “low speed electric vehicles“, ossia gli equivalenti delle minicar che da noi imperversano come palliativo a 4 ruote dei cinquantini.

In pratica, mentre per i dati ufficiali i Cinesi diffidano dalle auto elettriche (modelli di lusso a parte ma che naturalmente non fanno testo) in realtà nel giro di pochi anni si è venuto a creare un mercato da 200mila veicoli elettrici l’anno quasi del tutto sommerso.

Come riportato dall’esperienza di Charlie Paglee, ingegnere e dirigente statunitense dal 1991 coinvolto da vicino nello sviluppo dell’elettromobilità, sulle pagine di AutoblogGreen, i Cinesi le auto elettriche le comprano eccome: non nelle città però.

In Cina si è infatti innescata una dinamica che potrebbe richiamare lontanamente quella già vista in India per cui i veicoli proposti dalle Case automobilistiche non hanno mercato per via dei costi al contrario di mezzi di trasporto qualitativamente (ma anche economicamente) inferiori prodotti localmente.

Così, in parallelo all’industria ufficiale dell’auto, sono sorte come funghi – letteralmente “a centinaia” – aziende di piccolo taglio che offrono minicar a due, tre posti, a trazione 100% elettrica.

In realtà non bisogna nemmeno immaginarsi una situazione retrograda, anzi: i veicoli realizzati sono semplici e spesso non incorporano tutti quegli standard di sicurezza per noi divenuti abituali (cinture incluse) ma dal punto di vista costruttivo le aziende ricorrono a tecnologie competitive, quali il taglio laser dei telai.

La crescita smisurata di questo fenomeno ha fatto sì che nascesse un indotto industriale specializzato nel realizzare stampi per carrozzerie, sistemi di condizionamento, dispositivi di frenata con recupero dell’energia: grazie agli elevati numeri, realizzare un nuovo telaio per una minicar ha oggi un costo inferiore al milione di dollari, un qualcosa di impensabile per l’industria automotive occidentale.

Il tutto è ancor più incredibile se si considera che è un mondo sommerso, sostanzialmente illegale: non esiste una legislazione che regolamenti questo tipo di vetture, affermatesi sulle strade per acclamazione popolare.

Sulla carta non esistono ma, proteste dei grandi Marchi cinesi permettendo, il governo le tollera: le minicar elettriche hanno un potenziale di crescita enorme e già oggi costituiscono un bacino di posti di lavoro difficilmente rimpiazzabile.

Nelle metropoli asiatiche queste bi-triposto sono pressoché sconosciute e per questo la loro penetrazione sul mercato non è percepita sino in fondo ma basta considerare che ben 600 milioni di Cinesi vivono in quelle aree rurali da cui proviene tutta la domanda per capire quali prospettive vi siano in gioco.

Due posti in linea, uno anteriore e due posteriori, lunghezze di poco superiori al metro, batterie al piombo da massimo 100 km e velocità non superiori ai 50 km/h: con queste caratteristiche si tratta di veicoli che al di fuori della realtà cinese non avrebbero molto mercato (non gli stessi standard qualitativi, almeno) ma non è ciò che interessa a questa nuova industria rampante in seno alla PRC.

Certo, con i prezzi che hanno, attirerebbero chiunque: i modelli base partono da $2000, quelli più accessoriati arrivano a $12000.

Tuttavia, il fenomeno è interessante per le prospettive che schiude, permettendo la crescita non tanto di un mercato ma soprattutto di un comparto produttivo che, presto o tardi, tornerà utile ai Cinesi anche su scenari di scala diversa.

 

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: AutoblogGreen

 

 

 

 

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