Stop all’ansia da autonomia

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photo credit: MPBecker via photopin cc
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Qual è lo spauracchio più grande della mobilità elettrica? Cosa atterrisce i pionieri delle zero emissioni?

È la paura di trovarsi nei panni di Paolino Paperino ogni qual volta che rimane “al verde”: la 313 tossicchia, saltella ritrosa ed inesorabilmente si ferma. E lo sfortunato papero si ritrova anche appiedato.

Bene, c’è chi sta studiando il modo di scrollare via dalle spalle degli ecomobilisti la sensazione di guidare delle auto a molla: basta con l’allucinazione che vi fa intravedere un’enorme chiave per la carica girare fino ad esaurirsi sul posteriore della vostra macchina.

Tra le 10 migliori tecnologie per il 2013 secondo il magazine inglese Car and Driver c’è quella che consente ai veicoli elettrici di estendere la propria autonomia servendosi di piccoli generatori alimentati da altrettanto piccoli motori a bordo.

Diverse case automobilistiche – Audi, BMW, Lotus, Mazda – assieme alle due firme dell’ingengneria europea AVL e FEV, stanno lavorando a dei generatori ancora più compatti ed integrati di quelli impiegati attualmente sulle vetture elettriche extended range che utilizzano, appunto, delle fuel-cell.

La soluzione più sconvolgente sarebbe poi quella, non ancora sviluppata, di una fuel-cell alimentata ad idrogeno portatile: trasportabile a mano, sarebbe collegabile al pacco batterie del vostro automezzo per aumentarne l’autonomia fino ai livelli di un veicolo a carburante.

A tal scopo è da notare anche la ricerca che sta conducendo il Lawrence Berkeley National Laboratory della California: accantonate le tecnologie che volevano immagazzinare idrogeno per le fuel-cell automobilistiche sotto forma di gas o di liquido criogenico, vale a dire ad una temperatura di -423 gradi Fahreneit, 252,7 gradi Celsius sotto lo zero, adesso si solca una nuova strada.

L’idrogeno si trova anche sotto forma molecolare, a temperature e pressioni più “umane” ma a densità molto elevata: per catturarlo occorre un materiale appositamente studiato che si comporti come una spugna nei confronti dell’idrogeno.

Le ricerche americane vanno in questa direzione: un framework composto da materiale organico e metallico adibito a tale scopo è allo studio. Si tratterebbe di una struttura reticolare tridimensionale leggerissima in grado di attrarre e trattenere le molecole d’idrogeno.

Il dipartimento americano per l’energia ha stanziato 2,1 milioni di dollari perché venga sviluppato un MOF, questo il suo nome in codice, tre-quattro volte più efficace di quello attualmente realizzato.

Speriamo che il risultato approdi rapidamente fuori dai laboratori alla realtà di tutti i giorni degli ecomobilisti.