iPhone, iPad e MacBook non bastano più: Apple, icona stessa della Silicon Valley abituata a vincere a colpi di innovazione, ha di fronte una nuova sfida per la leadership tecnologica nel pianeta. Un nome sembra corrispondere all’identikit dell’alleato perfetto: è Tesla Motors.
Rumori, rumori e forse qualche prova: a riportarla è il San Francisco Chronicle, cui giunge una soffiata tardiva riguardo ad un incontro segreto avvenuto nella primavera scorsa fra Adrian Perica, responsabile di fusioni ed acquisizioni di Apple, ed Elon Musk, mente e anima di Tesla.
Cosa si siano detti non è dato sapersi e le precisazioni a margine venute da entrambe i marchi high-tech sono filtrate da esperta prassi diplomatica, con Musk a ricordare via Twitter agli investitori che “come i miei soldi sono stati i primi ad entrare in Tesla, saranno anche gli ultimi ad uscirne” e Cupertino trincerata dietro ad un classico “no comment”.
Che le due società in questo momento più rappresentative a livello di fama mondiale della Silicon Valley si siano però incontrate tante per il piacere di farlo non ci crede ovviamente nessuno: cosa è allora lecito aspettarsi?
Da una parte Apple ha un problema, vale a dire recuperare una posizione di predominio indiscussa oggi indebolita dalle sempre più solide concorrenze dei device basati sul sistema operativo Android. È quindi chiaro che non sarà insistendo ciecamente su di un settore, già spremuto come un limone da Cupertino, che cambierà la musica: la parola d’ordine è diversificare e Adrian Perica, ex Goldman Sachs, si è unito alla ciurma di Tim Cook proprio per questo.
Apple ha notevolmente accelerato negli ultimi mesi la ricerca di settori nei quali entrare moltiplicando gli investimenti, dall’elettromedicale – in particolare nella prevenzione degli attacchi cardiaci – ai dispositivi “indossabili” come iWatch o Google Glass.
Se un dispositivo che “ascolti” il suono prodotto dal sangue nelle arterie avvisando in caso di infarto probabile è un’idea di sicuro impatto, orologi smart ed occhiali multimediali non sono poi nulla che un’agguerrita concorrente come Samsung non possa recuperare (in parte è Apple a dover riguadagnare margine nei suoi confronti): serve qualcos’altro che rompa gli schemi.
Questo qualcosa potrebbe essere l’auto elettrica, campo nel quale anche Samsung potrebbe avere una voce in capitolo, sebbene la sua divisione motoristica sia passata di mano ai francesi di Renault da illo tempore.
Tesla ha però dalla sua parte una situazione che non lascia intuire un netto vantaggio nel lanciarsi fra le braccia di Apple. La start up d’oro registra infatti vendite in crescita costante ed ottime prospettive su nuovi mercati; è in piena fase di espansione, anche infrastrutturale, in Europa ed in Cina, è quotata in Borsa e le sue azioni hanno più volte segnato dei record al rialzo.
Perché mai Elon Musk, che è tra i creatori/fondatori di PayPal, di SpaceX e SolarCity, dovrebbe consegnare a qualcun altro il giocattolo che più gli ha reso notorietà ed introiti negli ultimi 2 anni?
Partendo dalla base che le due società hanno molto in comune, il punto probabilmente non sta nel “chi mangia chi” ma piuttosto nel “cosa potrebbero fare assieme”.
Tesla ed Apple hanno due nature davvero simili: agli occhi del mondo sono diventate sinonimi di “innovazione designed in California” e perseguono politiche simili, a partire dal rapporto col cliente; non è casuale che i Tesla Store ripropongano il modello di vendita diretta al proprio pubblico in un ambiente totalmente brandizzato tipico degli Apple Store: l’idea di rifuggere i rivenditori affiliati viene dal medesimo cervello, quello di George Blankenship, ex guru del marketing prima a Cupertino e poi a Palo Alto.
Blankenship (entrato nel 2010 ed uscito a fine 2013 da Tesla senza motivazioni pubbliche) non è l’unico ad aver fatto il salto dalla mela alla “T”: dopo dirigenti ed ingegneri, l’ultima in ordine d’arrivo è stata Kristin Paget, la cosiddetta “Principessa degli Hacker”.
Se l’analista Adnaan Ahmad, ai tempi dell’incontro Perica-Musk, scriveva una lettera aperta ad Apple per spingerla ad acquisire Tesla – fra le ragioni, anche l’idea che Elon abbia il carisma di un nuovo Steve Jobs, ruolo che Tim Cook non sembra coprire con altrettanto carisma – oggi prevale l’idea che possa nascere una partnership, come sottolinea Andrea James della Dougherty & Co. Investment Bank che segue proprio il marchio Apple.
Quindi vedremo le future auto elettriche nascere sotto l’aura di un gruppo Apple-Tesla ed integrare il meglio dell’elettronica al servizio della comunicazione e dell’intrattenimento con il non plus ultra della trazione elettrica?
Può darsi ma l’iCar è solo la conclusione più scontata. Il vero affare in vista sarebbe rappresentato dal progetto della “gigafactory” per batterie agli ioni di litio che Tesla vuole mettere in piedi. Musk sta costruendo una super squadra in grado di coprire tutti gli aspetti necessari al nuovo impianto, che ha l’obiettivo minimo di raddoppiare da solo la produzione mondiale di batterie al litio.
Questo, per Apple come per Tesla, significa sopravvivenza in primis e predominio in definitiva.
Andrea Lombardo
Fonti: San Francisco Chronicle, 9to5Mac
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