Batterie al litio a stato solido: Sakti3 dichiara di poter raddoppiare autonomie e dimezzare costi dei veicoli elettrici

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Sakti3 Quanti cantano il requiem all’auto elettrica, da anni a questa parte, devono spiegarci il perché di tanta vitalità attorno alle possibili future generazioni di batterie per gli EV: ogni mese si sente parlare di nuove tecnologie, tutte candidate per la svolta post ioni di litio.

Se oggi non v’è dubbio che le batterie con soluzioni elettrolitiche liquide agli ioni di litio la facciano da padrone, nel domani un ventaglio di nomi si apre all’orizzonte, fra i quali Sakti3, portabandiera dello “stato solido“.

Niente più soluzioni liquide, solo film di infinitesimo spessore sui quali vengono stampate le celle che accumulano energia, queste sì, sempre agli ioni di litio: una tecnologia analoga a quella che si ritrova negli schermi ultra piatti, altra specialità di Sakti3 assieme alle pellicole alimentari ed alle celle fotovoltaiche.

La solita trovata rivoluzionaria che non vedrà mai un impiego tangibile?

Dipende dai punti di vista. Sakti3, intanto, è il nome di una società costituita da Ann Marie Sastry, ex docente di ingegneria dell’Università del Michigan, che è riuscita ad attirare capitali per 30 milioni di dollari da parte di Khosla Ventures e soprattutto General Motors.

Non solo: la tecnologia agli ioni di litio allo stato solido perfezionata da Sakti3 ha ottenuto una partnership all’interno del Joint Center for Energy Storage Research (JCESR) del DOE, il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti: gestito dagli Argonne National Laboratories con un fondo di ricerca da $100 milioni, la società della Sastry vuole proporre una soluzione relativamente a breve termine per migliorare l’affidabilità delle auto elettriche.

Se nei laboratori di Argonne sono sotto esame le tecnologie che forse vedremo tra una decina d’anni, Sakti3 afferma di essere in grado di produrre le sue batterie in appena due anni, offrendo come vantaggi costi, a loro dire, dimezzati, maggior sicurezza ed autonomie raddoppiate.

Perché non lanciarsi su questa tecnologia allora?

In pratica, l’invito della Sastry è proprio questo: malgrado le collaborazioni importanti, ciò che le manca davvero per dare corpo al suo progetto di batteria a stato solido è l’esperienza di una major del settore dell’accumulo di energia. Anzi, di più major: non una sola azienda ma un team di produttori sarebbe l’ideale per inserire questo tipo di batterie nella realtà produttiva dell’industria automotive.

Naturalmente, Sakti3 si augura che ciò accada, dato che vorrebbe dire assurgere al tetto del mondo, economicamente e tecnologicamente parlando.

Gli analisti di mercato si dividono invece in due tranche: consci che dichiarazioni fantasmagoriche se ne sentono ogni giorno, i più cauti si concentrano sui pochi dati che si conoscono.

Specifiche sulla tecnologia usata da Sakti3 non se ne hanno e, generalmente, le batterie a stato solido presentano un’alta resistenza elettrica, che le rende inadatte ad erogare istantaneamente grandi picchi di energia (quelli che occorrono ad un’accelerata come si deve, per capirci).

Le tecnologie che funzionano molto bene in laboratorio, poi, non sempre si rivelano versatili all’interno dei processi di produzione industriale e questa è un’altra incognita da tener presente.

Gli ottimisti liquidano invece questi problemi con una sentenza, tutto sommato condivisibile: se la tecnologia offre realmente dei benefici, i gruppi automobilistici non se la lasceranno sfuggire, trovando una soluzione ad ogni problema pur di rispondere alla loro primaria esigenza di rispettare i futuri parametri imposti negli USA dal CAFE, il Corporate Average Fuel Economy voluto da Obama per moderare le emissioni consentite.

Come si dice, vedere per credere: se Sakti3 ha, come afferma la Sastry, trovato la maniera di usare la tecnologia a stato solido aggirando i problemi di resistenza con lo sviluppo di soluzioni in proprio, allora non attendiamo che di toccarne i risultati.

Nel frattempo, la corsa alla tecnologia perfetta continua e siamo sicuri che prima o poi anche le nostre care auto elettriche potranno godere facilmente di autonomie invidiabili a costi accessibili, come ha già in progetto di fare la cordata Tesla Motors-Toyota-Daimler e, perché no, Apple.

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: CarTalks