È evidente, malgrado i passi da gigante fatti negli ultimi anni, che autonomie e prezzi delle batterie per veicoli elettrici attualmente sul mercato siano sproporzionatamente cari in rapporto all’offerta.
Sul banco degli imputati proprio l’unica tecnologia davvero affidabile ad oggi, quella degli ioni di litio, da alcuni ritenuta pericolosa, da tutti limitata nelle capacità, se non altro quando l’obiettivo dichiarato è di ricaricare nei tempi di un pieno di benzina ed avere autonomie pari a quelle delle auto endotermiche.
L’US Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-e) sta lavorando proprio a quattro interessanti filoni di ricerca finanziati dal programma RANGE (Robust Affordable Next Generation Energy storage system) con 37 milioni di dollari.
A parteciparvi sono state selezionate alcune delle istituzioni universitarie più importanti degli Stati Uniti e non mancano neppure colossi come General Electrics e l’esercito, come a dire che gli interessi in gioco non sono trascurabili.
SAE International, in un articolo apparso sul suo giornale, descrive proprio le principali strade battute dalla ricerca e c’è davvero di che ben sperare.
Batterie ignifughe da usare come parte strutturale
Gli obiettivi sono chiari: ottenere autonomie da 380 km al minimo, usare le chimiche più adatte allo scopo e non pensare alle batterie secondo lo stereotipo attuale. Al primo posto nei piani di ricerca c’è l’identificazione di formule che garantiscano la totale sicurezza dei dispositivi. “Se non devi preoccuparti di proteggere le batterie, non sei più legato ai vincoli delle auto convenzionali”, afferma Ping Liu, program manager dell’ARPA-e.
Le batterie del futuro dovranno quindi poter fungere da elemento strutturale integrato nella carrozzeria delle auto elettriche (Volvo ha già sviluppato tale soluzione) e, soprattutto, essere in grado di assorbire urti e deformarsi senza rischi.
Per fare ciò devono essere ignifughe e le ricerche portano a soluzioni differenti e molto diverse dagli attuali ioni di litio: a volte sono meno potenti di quest’ultima ma l’eliminazione del consueto packaging della batteria riduce il peso del veicolo a vantaggio dell’efficienza.
Chimiche a base d’acqua e non
La strada più promettente vede l’eliminazione di tutto quanto sia potenzialmente infiammabile: via gli elettrodi con tale caratteristica, via gli elettroliti di natura volatile. Largo piuttosto a soluzioni elettrochimiche su base acquosa o elettroliti polimerici con un tasso di infiammabilità decisamente basso.
L’Illinois Institute of Technology e l’Argonne National Laboratory stanno ad esempio lavorando ad un sistema che usa celle di flusso simili a quelle delle attuali batterie, non fosse che gli elettrodi non si trovano immersi nel liquido elettrolitico: quest’ultimo è infatti stivato in serbatoi a parte e fluisce nelle celle per generare energia, garantendo sicurezza grazie alla separazione.
La stessa accoppiata sta mettendo a punto una batteria che impieghi un elettrolita ad alta densità energetica, reso tale da nano particelle che assicurano anche stabilità e bassa resistenza all’interno della batteria, fungendo da vero e proprio “carburante”.
General Electrics ed il Lawrence Berkeley National Laboratory progettano invece una batteria che sfrutta una soluzione chimica a base d’acqua, per definizione non infiammabile, ed in grado di triplicare gli standard di autonomia attuali.
Il solo prodotto di scarto della reazione che sintetizza energia è acqua: l’anno prossimo verrà realizzato un prototipo della batteria, per la quale il programma ARPA-e ha destinato 900mila dollari suppletivi.
Dall’università del Maryland e dall’U.S. Army Research Laboratory arriva un altro sistema basato sull’acqua e sul trasferimento multiplo di elettroni, che raddoppierebbe le capacità delle batteria e accrescerebbe il voltaggio delle celle da 1.2 V a 2.5-3.0 V.
Unità a stato solido
L’altra grossa branca di ricerca riguarda le unità di accumulo dell’energia a stato solido, più indietro in quanto a prestazioni e capacità rispetto ai sistemi sopra citati.
In questo campo è impegnata l’università del Maryland, con lo sviluppo di una batteria agli ioni di litio a stato solido ad alta conduttività grazie ad un processo di fabbricazione tramite film ultrasottili ceramici che includono catodi ed elettroliti nella nanostruttura.
Altri progetti finanziati dall’ARPA-e sono quelli di Solid Power, spin-off dell’università del Colorado, e della University of California – San Diego, incentrati su aspetti diversi delle unità a stato solido.
Spesso le peculiarità chimiche sono pane per gli addetti ai lavori ma tanto fervore nel ricercare soluzioni per la produzione di batterie sicure, potenti ed economiche – l’ARPA-e pone come vincolo che questi dispositivi costino almeno un 30% in meno rispetto alle attuali unità al litio – lascia intravedere più che uno spiraglio per il futuro dell’auto elettrica.
Andrea Lombardo
Fonte: SAE International
Vorrei acquistare le batterie al litio per auto elettrica e non so dove trovarle