Non le berline di lusso, non i SUV e forse nemmeno le auto vere e proprie: in Cina la crescita del mercato dei veicoli elettrici è prevista in mano ai più piccoli ed economici due e quattro ruote costruiti in patria.
Anche se marchi occidentali come Tesla, BMW, Mercedes e Nissan si aspettano grandi numeri dalle vendite dei loro modelli a zero emissioni nel Paese asiatico, secondo gli analisti interni non sarà quella fascia di veicoli a determinare la svolta.
Perché una crescita, in controtendenza rispetto alle previsioni economiche che interessano l’immediato futuro della Cina, ci sarà: solo che i protagonisti saranno motocicli e quadricicli di fabbricazione autoctona.
In Cina già oggi esiste un florido mercato per i cosiddetti low speed electric vehicles, vale a dire quei veicoli di piccola taglia omologati per il trasporto di persone e cose ma che hanno prestazioni e dotazioni di sicurezza nettamente inferiori a quelle di un’automobile: collocati in una fascia di prezzo sui 4,000 euro circa (30,000 yuan), nel 2013 i Cinesi ne hanno comprati 300,000 esemplari, dieci volte quanti ne furono venduti nel 2009, ed il Paese conta oltre 200 milioni di questi due e quattro ruote elettrici in circolazione.
A riferirlo è la China Bicycling Association nella persona del suo presidente Ma Zhongchao, che sottolinea anche come “la crescita sia delle auto a velocità limitata che quella dei motocicli elettrici sia più alta di quanti ci si aspettasse. Un fenomeno sorprendente in un momento economicamente tutt’altro che promettente”.
Una spiegazione potrebbe essere quella addotta da Yang Yusheng, esperto di batterie e docente presso l’Accademia Cinese di Ingegneria: “malgrado lo smog rimanga un problema nelle città più grandi della Cina ed il mercato attenda delle soluzioni in merito, non è su Tesla che ci si può basare per effettuare una rivoluzione elettrica. Una berlina elettrica non è già di per sé un prodotto accessibile a tutti e tantomeno lo sono quelle marchiate Tesla Motors, che è un premium brand riservato ad una fascia molto benestante di utenti”.
A ciò si potrebbe aggiungere che la Cina è discretamente indietro nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica pubblica ed i numeri del mercato sembrano confermare la tesi di Yusheng, con appena 17,642 vetture alternative vendute nel 2013, delle quali 14,604 elettriche e 3,038 ibride plug-in.
Insomma, la risposta più banale è quella più probabile: ai Cinesi interessa risparmiare, inquinamento o meno. Quindi, ben vengano i veicoli elettrici se sono economici: le super car sono pane per i denti di pochi privilegiati, per altro difficilmente mossi da ragioni ambientaliste.
Com’è ovvio quando si parla di interessi forti, il motore di tutto non è quasi mai la coscienza ecologista: la Cina ha sì un forte problema di inquinamento atmosferico cui vuole trovare rimedio, date le pesanti ripercussioni sulla salute dei cittadini, ricchi o poveri che siano, ma al contempo non si dimentica di sviluppare nuovi settori industriali che possano trainarne l’economia.
Quello dei low speed electric vehicle è uno di questi: intere province sono state convertite a test zone per questi mezzi e l’industria cinese punta molto su questi prodotti per continuare a crescere e dare occupazione.
Fondamentale sarà il ruolo del governo centrale, dal quale gli industriali si aspettano un duplice sostegno sia sul fronte degli incentivi al pubblico (rinnovati con un congruo irrobustimento pochi mesi fa), sia sul lato normativo, con una standardizzazione dei processi di produzione delle batterie al piombo.
Più usate rispetto alla costosa tecnologia degli ioni di litio, comportano rischi ambientali più alti se non vengono rispettati i giusti procedimenti nella lavorazione, per i quali la stessa industria cinese chiede una normativa definita.
Andrea Lombardo
Fonte: ECNS