Se divenisse operativa, la proposta di installare 72 mila punti di ricarica pubblici per auto elettriche in Italia fatta in sede europea trasformerebbe l’eurodeputato del Ppe Carlo Fidanza nell’eroe della mobilità sostenibile tricolore.
Fidanza, proprio un Italiano, è relatore della proposta che vorrebbe obbligare l’Unione Europea tutta ad installare nei prossimi 7 anni 450 mila stazioni di ricarica per auto elettriche, dei quali, appunto, oltre settantamila nel nostro Paese.
La proposta ha ricevuto una prima approvazione in commissione Trasporti ma adesso la decisione spetta al Consiglio della UE, sicuramente tirato per la manica dai vari interessi particolari dell’industria automobilistica, comunque restìa ad investire sulle infrastrutture, e dagli stessi governi nazionali.
In realtà, è da circa un anno che si sente parlare di questo target (per la verità allora i numeri erano 700,000 in Europa e 120,000 in Italia): ne avevamo parlato proprio a Gennaio 2013.
Nel frattempo sono però cambiate alcune cose come, per esempio, la nascita di un piano nazionale per la ricarica nel nostro Paese, finalmente approvato assieme al Decreto Sviluppo di due estati fa, che prevede l’inserimento dell’infrastruttura per i veicoli elettrici fra le priorità da considerare nei nuovi piani urbanistici ed edilizi, con l’obbligo di prevederne l’installazione anche nei condomini da giugno 2014.
Inoltre, ci sono progetti fermi nei cassetti che potrebbero saltare fuori al momento opportuno, quali l’idea che Enel ed Eni possano creare un rete congiunta di ricarica nazionale per auto elettriche sfruttando le stazioni di servizio già esistenti: si tratterebbe di almeno 5,000 locazioni facili facili; oppure della rediviva BreBeMi elettrica, ossia la predisposizione alla circolazione delle auto elettriche per l’autostrada che collega Milano, Bergamo e Brescia, recentemente inserita nell’Agenda Italia delle proposte collaterali all’Expo 2015 dal Premier Letta.
In ambito europeo si sono fatti, dalla comparsa della proposta un anno fa, altri significativi passi avanti: ad esempio si è deciso di sostenere lo standard di ricarica CCS, omologo del nordamericano SAE Combo (rafforzando la contrapposizione fra marchi dell’auto asiatici, fedeli a CHAdeMO, ed europei, specie tedeschi, e americani).
Pochi giorni fa si è appreso che la UE potrebbe anche rinviare l’entrata in vigore del tetto limite dei 95 g/km di CO2 per i nuovi modelli in cambio di maggiori investimenti dell’industria automobilistica (tedesca in particolare, anche qui) sull’auto elettrica.
In generale, tenendo anche conto dell’exploit di vetture a emissioni zero presentate al Salone di Francoforte in Settembre, pare chiaro che a sospingere la mobilità elettrica ci sia proprio una parte di quell’industria delle 4 ruote che viene indicata come restìa ad investire sull’infrastruttura: i maggiori interessi e le dichiarazioni di amore più accese per l’elettrico giungono dalla Germania, come anche i principali sostenitori tecnici dello standard adottato dalla UE.
Nazioni poi impegnate a promuovere l’elettrico sono Norvegia, Inghilterra e Francia. L’interesse della Germania, che ha molto a cuore la produzione di auto, potrebbe però fare da credenziale per l’effettiva approvazione del piano di Fidanza, secondo il quale tutti dovranno fare la loro parte. I Tedeschi con 86,000 colonnine, il Regno Unito con 70,000, la Francia con 55,000 e la Spagna con 47,000.
Andrea Lombardo
Fonte: TGcom24
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