La Scozia navigherà in ibrido

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photo credit: dun_deagh via photopin cc

A quanto pare anche Nessie, il leggendario mostro del lago di Loch Ness, si era stufato dell’inquinamento dovuto ai ferries che solcano le acque scozzesi: così è iniziata la costruzione dei primi due traghetti a propulsione ibrida nei cantieri navali Ferguson presso Port Glasgow.

Il patrocinio di questo progetto è da tributarsi all’ SHFCA, aka Scottish Hydrogen and Fuel Cell Association, di cui fa parte la Caledonian Marine Assets LTD, più brevemente CMA.

Particolarmente orgoglioso dell’operazione è il Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon che ha tenuto a battesimo l’operazione.

La MV Hallaig sarà la prima imbarcazione commerciale interamente costruita dai cantieri scozzesi degli ultimi 5 anni ed avrà come punto di forza un sistema di propulsione ibrido elettrico-diesel. Con 135 tonnellate di stazza e 46 metri di lunghezza potrà trasportare 150 passeggeri, 23 autoveicoli o, in alternativa, due mezzi pesanti: prenderà servizio tra Skye e Raasay entro la prossima estate, se i test e le relative certificazioni saranno conseguiti senza problemi.

Al motore diesel ne è affiancato uno elettrico con batterie agli ioni di litio dalla capacità complessiva di 800 kWh: queste consentiranno tre ore di autonomia in condizioni di utilizzo standard.

Allo studio dell’armatore CMA sarebbero anche delle versioni a sola propulsione ad idrogeno che azzererebbero le emissioni di fumi inquinanti e le perdite di carburante in acqua.

Complessivamente si tratta di un’operazione importante per la Scozia e le sue industrie: la costruzione di questi primi due traghetti porta in dote alla regione un investimento governativo da 20 milioni di sterline e la creazione immediata di 75 posti di lavoro nella cantieristica, con la prospettiva di procurarne un altro centinaio. Si aprirebbe anche la porta dell’apprendistato per nuovi operai specializzati nella costruzione di questo nuovo tipo di navi.

Più in generale la Scozia sta cercando di porsi un passo avanti alle altre nazioni nell’avanguardia ecologica della cantieristica navale: così facendo conta sia di risollevare le sorti di un comparto messo in difficoltà anche dalla necessità di adeguarsi a criteri ambientali più restrittivi sia di interpretare il ruolo del faro nelle nebbie di una tecnologia fin’ora non molto sviluppata da terzi.

E questo vale specialmente per la realizzazione di navi ad idrogeno e la conversione infrastrutturale dei porti, dietro a cui si stanno muovendo investimenti, ricerche private ed università: mettere a punto un’industria specializzata prima degli altri sarebbe un notevole vantaggio.

Insomma, la rincorsa alle zero emissioni, se vista nell’ottica giusta, può essere anche un affare.

 

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