Micromobilità: sarà vero boom?

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Seppur con un certo ritardo sui tempi previsti, il Ministero dei Trasporti ha provveduto a redigere il tanto atteso decreto attuativo, indispensabile a dare il via alle operazioni per la sperimentazione, nelle città italiane interessate, della micromobilità elettrica, come previsto dall’emendamento alla Legge di Bilancio 2019. Il decreto dovrà ora essere condiviso con le amministrazioni locali coinvolte per poi essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e diventare operativo.

Oggetto della materia che sta scaldando gli animi di associazioni ambientaliste, municipalità e produttori, sono le modalità di utilizzo di quei mezzi di trasporto personale a trazione elettrica adatti a compiere, all’interno di un concetto di mobilità integrata, spostamenti a corto raggio, il classico “ultimo miglio urbano”, in maniera pratica, economica e, soprattutto, ecosostenibile. 

Ricadono in quest’ambito, quindi, monopattini elettrici, hoverboard, segway, monowheel, che dopo aver conquistato gli Stati Uniti, cioè il paese più ricettivo per tutte quelle mode che promettono di cambiare il mondo ed i comportamenti delle persone, sono rimbalzati nelle principali città europee ed ora si apprestano a sbarcare anche in Italia, dove però problemi reali e burocratici sembrano concorrere a frenare gli entusiasmi.

Ritorno al passato

A dir la verità, però, le proposte che oggi reclamano applicazione con tanta urgenza nel nome della necessità di decongestionare il traffico cittadino e rendere più vivibili gli spostamenti soprattutto nei centri storici, non possono definirsi particolarmente nuove almeno sotto il profilo del prodotto.

Parafrasando un famoso versetto biblico, si potrebbe anzi dire Nihil sub sole novum, niente di nuovo sotto il sole, se è vero che già venti anni fa i monopattini elettrici sembravano dover cambiare le abitudini di mobilità degli americani. 

Per dirla tutta, fu proprio l’immagine di alcuni giovani rampanti manager che scivolavano nel traffico di Manhattan, dove batteva il cuore (economico) di una delle aziende con cui collaboravo, a convincerci che si potesse proporre anche in Italia la medesima ricetta.

Il tentativo non dette riscontri positivi essenzialmente per due ordini di motivi: il primo dovuto al contesto del tempo che, non solo nel nostro paese, non prevedeva la trazione elettrica tra le possibili soluzioni al problema del traffico e della lotta all’inquinamento atmosferico; il secondo legato all’impossibilità di superare, senza modifiche legislative, l’iter burocratico che le norme imponevano e quindi accedere liberamente al mercato.

Ed è proprio alla luce di questo secondo aspetto, tutt’ora attuale, che ho citato la mia personale esperienza di allora, tralasciando per il momento altri fattori, quali ad esempio la sicurezza, non meno importanti per l’affermazione di questo particolare concetto di prodotto.

Ignorati dal Codice della Strada

Venti anni dopo, ma la sostanza non cambierebbe assumendo un diverso punto temporale, oggi come ieri, si ripropongono infatti gli stessi problemi normativi che possono essere superati solo con una modifica al Codice della Strada.

Attualmente, infatti, i monopattini elettrici, così come gli altri «veicoli di mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica», citati dalla Legge di Bilancio, semplicemente non trovano spazio alcuno nel nostro ordinamento. L’unico indizio si trova nell’articolo 190 del citato codice che confina l’utilizzo dei monopattini elettrici, definiti “acceleratori di andatura”, alle sole aree private e la cui circolazione è vietata sia sulla carreggiata stradale che sul marciapiede o nelle piste ciclabili.

Inoltre, l’attuale normativa sulla base della direttiva europea 2002/24/CE dispone che «I veicoli a motore a due o tre ruote aventi velocità massima – per costruzione – superiore a 6 km/h e che non siano velocipedi a pedalata assistita, né costruiti per uso di bambini o invalidi, sono da comprendersi a seconda delle prestazioni e delle caratteristiche costruttive tra i ciclomotori o tra i motocicli».

In forza di ciò i monopattini elettrici rientrano tra i microciclomotori elettrici e come tali sono soggetti ad omologazione, targatura, possesso di relativa patente di guida, ed hanno obbligo di casco ed assicurazione per responsabilità civile. Disposizioni, tra l’altro, di difficile se non impossibile applicazione, come nel caso delle prove di omologazione per cui dovrebbero essere previsti standard specifici o dell’obbligo di targare mezzi che non dispongono di carrozzeria su cui applicare le targhe.

Questa comunque è la situazione normativa che, è giusto ribadirlo, accomuna la maggior parte dei paesi europei ed anche negli USA non ha trovato uniformità di applicazione da Stato a Stato. A differenza dell’Italia, però, molti paesi hanno mostrato maggiore flessibilità concedendo superiore autonomia agli enti locali come Parigi, Bruxelles, Vienna, Lisbona, Zurigo che non hanno perso l’occasione per attivare servizi che utilizzano mezzi di micromobilità urbana per sondarne le qualità ed i problemi.

Si comprende pertanto l’importanza che riveste il decreto attuativo che dovrebbe concedere una deroga all’utilizzo dei mezzi rispetto alla legislazione vigente, consentendo il libero accesso alle aree pedonali e nelle zone a traffico limitato, ed indicare la via per la modifica del Codice della Strada. In base ad esso i sindaci delle città interessate dovrebbero poi, a seconda delle loro esigenze territoriali, stabilire come e dove eseguire la sperimentazione e tracciare le modalità d’uso dei mezzi prescelti.

Non mancano comunque già le critiche di Legambiente ai contenuti del decreto appena redatto che verrebbe considerato ancora troppo restrittivo per la circolazione dei veicoli in questione.

photograpy by Kris Krug

Opportunità e criticità dietro l’angolo

Una misura del livello di attesa che si è creato per l’inizio delle sperimentazioni, si può avere osservando come alcune città abbiano già avviato test con la collaborazione di aziende ed operatori interessati ad entrare in un mercato, quello italiano, considerato molto promettente. 

A tale proposito è sufficiente riportare due dati: nel 2017 Legambiente, che da anni studia il fenomeno della micromobilità, stima che siano stati venduti nel nostro paese circa 45.000 monopattini elettrici, ma già l’anno scorso il numero potrebbe essere più che incrementato. 

Un’indagine condotta in Italia dalla società Lorien Consulting per la stessa Legambiente ha inoltre indicato che il 40% degli italiani intervistati sarebbe interessato a sperimentare questa modalità alternativa di spostamento in città.

L’utilizzo dei monopattini elettrici per raggiungere il luogo di lavoro o la casa potrebbe quindi costituire una grande opportunità per alleggerire il traffico delle città e trovare soluzioni al problema dei parcheggi e dell’inquinamento atmosferico in modo ecosostenibile, versatile e conveniente. 

Il prodotto poi è di grande semplicità: nel caso del monopattino ripropone il medesimo concetto costruttivo del giocattolo da molti usato da bambini, essendo composto da una tavoletta che funge da telaio, due ruote elettrificate grazie ad un motore (talvolta due, inseriti nei mozzi delle ruote) alimentato a batteria ed un manubrio per governarlo dove è posta la leva dell’acceleratore e quella che comanda un freno a disco posteriore di sicurezza. La velocità massima nella maggioranza dei casi si aggira sui 25 km/h, possono sostenere un peso massimo nell’ordine dei 100 kg ed assicurano un’autonomia di una mezz’ora circa. Inoltre, pesano poco (una decina di chili circa) e sono facilmente trasportabili anche in auto, treno o metropolitana.

L’offerta comunque è al momento piuttosto diversificata in attesa che la nuova normativa ponga precisi limiti e requisiti da rispettare.

Oltre al vuoto omologativo, che deve necessariamente essere colmato al più presto, le ulteriori criticità da valutare si pongono essenzialmente nell’area della sicurezza e dei possibili comportamenti degli utenti.

L’utilizzo del casco è caldamente consigliato da tutti gli operatori così come la necessità di limitare le velocità e adeguarla sia alle diverse situazioni del traffico sia delle condizioni delle strade. Il monopattino infatti non ama percorsi sconnessi, buche, rotaie del tram e quanto possa compromettere la sua stabilità. A ciò occorre aggiungere la sua scarsa compatibilità con l’acqua e la pioggia in genere che ne possono limitare l’utilizzo.

Da considerare poi i condizionamenti imposti dall’età di chi li utilizza e la corretta valutazione delle proprie condizioni fisiche.

Infine, l’assenza di assicurazione in questa fase di transizione pone il quesito sulle eventuali responsabilità in caso di incidenti, anche se in presenza di una deroga concessa dal decreto attuativo. 

photograpy by Kris Krug

Il modello di business

Come sta avvenendo nelle principali città europee, l’impiego che si va affermando è quello della fruizione dei mezzi attraverso servizi di condivisione. 

Il modello di business è al momento abbastanza uniforme per tutti gli operatori ed ha forti similitudini con il bike sharing free floating, che pure ha sollevato non pochi problemi relativi ai comportamenti non proprio civici degli utilizzatori in molte città.

Attraverso una specifica applicazione disponibile sullo smartphone, sia per i sistemi Android che iOS, è infatti possibile localizzare la presenza dei mezzi grazie anche alla presenza di un dispositivo Gps di cui sono dotati e provvedere al loro sblocco. Lo sblocco può essere effettuato anche attraverso scansione del codice QR sul manubrio del monopattino stesso.

Al termine dell’utilizzo il mezzo viene di nuovo bloccato e non deve essere riportato in una specifica area di raccolta ma può essere lasciato dove si desidera, a disposizione di un altro potenziale utente secondo lo schema del free floating.

Generalmente la sera i monopattini vengono ritirati da incaricati dell’operatore, ricaricati durante la notte e riposizionati al mattino per un nuovo servizio.

In questo modo si pensa di poter limitare sia gli episodi di furto che di vandalismo, tenendo anche presente che il monopattino può essere bloccato da remoto e reso quindi inutilizzabile.

Il costo del servizio è al momento uniforme e prevede un euro per lo sblocco e 15 centesimi al minuto per l’impiego, vale a dire oltre 9 euro l’ora, non proprio economicissimo ma competitivo rispetto al car sharing nei confronti del quale può vantare maggiore efficacia e velocità negli spostamenti a corto raggio. 

Ogni valutazione però deve essere rimandata a quando, terminata la sperimentazione, i diversi operatori inizieranno ad agire in regime di concorrenza.

Chi sono i player

Vediamo infine come va componendosi il quadro dell’offerta nel nostro paese sulla base delle indicazioni emerse dai primi test e delle indiscrezioni fin qui trapelate.

A Milano, già da ottobre agisce in forma sperimentale la società americana Helbitz, fondata dall’imprenditore italiano Salvatore Palella, con 20 monopattini elettrici a disposizione (500 in prospettiva) di chi volesse provare questo nuovo sistema di trasporto cittadino.

In occasione dei BlueE eMobility Days di Milano, ha debuttato in Italia la startup Hive, brand relativo ai monopattini elettrici che fa parte di Free Now, società che ha raccolto i servizi di mobilità di Daimler e di BMW, già attiva a Lisbona in partnership con MyTaxi, Parigi, Atene e Varsavia con una flotta complessiva di 4000 monopattini elettrici che sono già stati protagonisti di oltre 60.000 noleggi in questi primi mesi di attività. 

Anche in questo caso si è aperto un dialogo con la città di Milano in attesa degli annunciati sviluppi legislativi a testimonianza dell’interesse crescente nei confronti della micromobilità.

La metropoli milanese è peraltro oggetto di attenzione anche da parte dell’olandese Dott che ha organizzato nell’ambito del Fuorisalone 2019 un vero e proprio test drive con 80 suoi monopattini per dare la possibilità ai cittadini di valutare un’esperienza di condivisione con caratteristiche di sostenibilità particolarmente elevate utilizzando mezzi specificatamente progettati per lo sharing. Dott infatti, già attiva in Francia e Belgio, cura direttamente la progettazione dei suoi mezzi adeguandone le caratteristiche al servizio di sharing in termini di robustezza e sicurezza.

Molto attiva anche l’americana Lime, uno dei brand più popolari del settore, già nota per la sua produzione di e-bike a San Francisco e di recente riconvertitasi all’idea ritenuta vincente della micromobilità. Molto aggressiva in Europa ha posto in essere servizi di sharing a Brema, Berlino, Francoforte, Zurigo, Parigi. 

In Italia avrebbe già dovuto sbarcare alcuni mesi fa a Torino con il proprio servizio di noleggio di monopattini elettrici, poi bloccato per le incertezze legislative, ed ha poi preso contatti anche con numerose altre città. Grazie alla collaborazione con il Treno Verde di Legambiente ha realizzato test drive a Palermo, Roma, Rimini e Milano per sensibilizzare un pubblico sempre più numeroso al nuovo concetto di mobilità integrata e sostenibile. 

L’interesse delle case automobilistiche per questa nuova opportunità è provato, oltre che dal già citato servizio di BMW e Daimler, anche da Volkswagen che ha di recente presentato un agile ed originale modello denominato Cityskater, concepito per la mobilità elettrica di ultimo miglio, ancor in fase di definizione e di omologazione, che prelude ad un più organico impegno futuro nel settore del marchio tedesco.

Ford ha invece acquisito Spin, una startup nel settore del noleggio di monopattini elettrici operativa in alcuni stati del nord America. L’operazione dovrebbe consentire un rapido ingresso della casa automobilistica statunitense nel mercato della micromobilità e la stesura di un veloce programma di sviluppo.

Non si può infine dimenticare in questa rapida panoramica Bird, una delle aziende simbolo della moda del monopattino elettrico negli USA, affermatasi in centri come New York, San Francisco e Los Angeles. Fondata da un ex dipendente di Uber e di Lyft è stata tra le prime ad intuire che esisteva una concreta opportunità per offrire un modo nuovo di muoversi in città congestionate dal traffico in modo alternativo ma semplice, ecologico e divertente. 

Lanciata la pietra, sono poi arrivati tutti gli altri.