Una nuova generazione di batterie agli ioni di litio ad alta capacità e densità energetiche è approdata al lancio ad opera di Amprius Inc., dopo essere stata sviluppata a partire da uno studio congiunto tra le eccellenze della ricerca italiana ed americana.
Si tratta di batterie che utilizzano anodi costituiti da un nano materiale in silicio che ne sfrutta le eccezionali caratteristiche (10 volte la capacità in mAh/g del carbonio comunemente usato per gli anodi) nell’assorbire energia in entrata nel dispositivo prevenendone al contempo le rotture che fino al recente passato ne impedivano lo sfruttamento.
La prima generazione di batterie di questo tipo realizzate da Amprius saranno destinate a dispositivi portatili come smartphone e tablet ma in futuro l’azienda pensa di allargare il ventaglio di applicazioni.
Le due versioni iniziali sono da 1.850 mAh (580 Wh/L) e da 4.060 mAh (600 Wh/L) ma versioni più potenti sono già state pianificate ed entreranno in fase di test già durante quest’anno.
La tecnologia impiegata è interessante anche per l’industria automobilistica elettrica, alla perenne ricerca di nuove e più potenti soluzioni per aumentare l’autonomia delle proprie vetture.
Le ricerche che sono giunte allo sviluppo di queste batterie sono state portate avanti dal professor Yi Cui della Stanford University, del quale parlammo mesi addietro a proposito proprio degli anodi in silicio sviluppati con il suo team di ricerca.
Andando indietro nel tempo, la progettazione di nuovi nano materiali cristallini amorfi in silicio che consentissero di potenziare le batterie agli ioni di litio e di allungarne il ciclo di vita videro in campo una squadra di ricercatori della Stanford University e dell’Università di Milano-Bicocca. Nel 2009 vennero pubblicati i risultati degli studi che si erano concentrati sul trovare una soluzione alle rotture meccaniche provocate dall’espansione enorme – fino al 300% del volume originale – del materiale siliceo quando attraversato dagli ioni di litio durante la fase di ricarica: Yi Cui e la sua squadra riuscirono ad identificare come vantaggioso il ruolo di anodo per l’utilizzo del nano materiale, grazie ad una buona conducibilità elettrica e alla capacità di sopportare la dilatazione.
Allo stesso tempo, la struttura del nano materiale si dimostrò capace di archiviare energia in quantità e di migliorare quindi globalmente prestazioni e prospettiva di vita della batteria.
La ricerca, portata avanti dalla Stanford University, è poi arrivata finalmente a raggiungere uno standard produttivo sotto il marchio della Amprius, della quale il professor Yi Cui è socio fondatore.
Come detto in precedenza, le migliorie apportate da questa tecnologia potrebbero arrivare anche nell’industria automobilistica dell’auto elettrica: tra i partner sviluppatori delle tappe del progetto, finanziato anche dal Dipartimento dell’Energia degli USA, si possono leggere Nissan e Basf.
È già un buon segno che uno dei tanti progetti nati dalla ricerca, in questo caso inizialmente anche italiana, abbia poi visto effettivamente la luce.
Chissà quante e quali potenzialità avrebbero i nostri ricercatori se solo ricevessero dei fondi degni di questo nome come avviene invece spesso all’estero.
Andrea Lombardo
Fonti: GreenCarCongress, DOE
mi compiaccio e condivido …………. mia figlia fa ricerca chimica ad Ansterdam….. lascia la bocca amara sapere quanto vengono apprezzati i nostri giovani all’estero e altrettando ignorati in patria . comunque allora è bene che il pallonaro scemo prenda fior di milioni , che montezemolo prenda 20000000€ di buonuscita , che il ricercatore di ebola prenda 1700€ al mese …………
[…] è un caso, quindi, che in cima alla lista si trovi il nome di Amprius, società californiana già protagonista della ricerca sull’accumulo di energia e chiamata in […]