L’ansia da autonomia è un limite psicologico, lo dimostra una tesi universitaria

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Mini E - photo credit: The Digital Story via photopin cc
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Mini E – photo credit: The Digital Story via photopin cc

È circa il 20-25% dell’autonomia di un veicolo elettrico quella che va automaticamente perduta per via dell’ansia di rimanere a piedi. È questo uno dei primi assunti di una tesi di dottorato in psicologia elaborata all’interno della Technische Universität Chemnitz (Germania).

Il candidato, Thomas Franke, ha portatao avanti uno studio basato sull’esperienza materiale degli automobilisti partecipanti al progetto Mini E Berlin Powered by Vattenfall promosso dal ministero dell’ambiente tedesco ed organizzato da BMW, Vattenfall e la stessa TUC.

L’analisi comportamentale dei 79 ecomobilisti nell’arco di sei mesi e dopo 400mila km percorsi a bordo delle Mini elettriche ha portato allo sviluppo di un modello di controllo adattivo delle risorse di un veicolo, basato sia sulla corretta gestione del veicolo sia sull’applicazione di precise teorie psicologiche.

Sotto la lente è il concetto stesso di “ansia da autonomia” e sul banco una proposta per ridurla ai minimi termini.

In pratica, il dottorando Franke ha scoperto che per la paura di restare “a secco” di energia vale lo stesso principio alla base della xenofobia, vale a dire la paura del “diverso”, ergo, di ciò che non si conosce.

Le esperienze condotte nella realtà quotidiana dei tester hanno dimostrato che le situazioni definibili davvero critiche per l’autonomia di un’auto elettrica (parlando di range medi attuali, vale a dire sui 150 km) sono davvero rare: la maggior parte dei guidatori rimane abbondantemente al di sotto di tale chilometraggio giornaliero.

Non è pertanto l’effettivo rischio quanto la paura di trovarsi in quella situazione a procurare ansia a chi guida un’auto elettrica: paradossalmente, chi più teme che l’autonomia sia insufficiente è la stessa persona che è meno esposta a tale rischio.

Franke ha quindi riportato nella sua tesi che, in base alla capacità soggettiva di sopportare lo stress, l’ansia da autonomia riduce di più o di meno i chilometri che il guidatore si concede di percorrere prima di cercare una colonnina di ricarica: ognuno stabilisce inconsciamente una “riserva ideale” al di sotto della quale non vorrebbe mai trovarsi – pena, i sudori freddi.

Sempre secondo la ricerca, esistono quindi tre grandi categorie di percezione delle capacità del veicolo che si sta guidando: una “competente”, conscia del massimo range raggiungibile con il proprio stile di guida, una “performante”, basata sull’abitudine quotidiana, ed una “confortevole”, che prende a riferimento l’autonomia effettivamente a disposizione.

In media, malgrado quasi nessuno si sia mai trovato ad affrontare una situazione limite ed essendo quindi liberi di stabilire soggettivamente come gestire i km a disposizione con il proprio EV, tutti decurtano la reale autonomia percorribile di un buon 20-25% per effetto di un condizionamento psicologico che porta a deformare il dato oggettivo indicato dal veicolo.

Questo comportamento, definito come “stile di interazione personale fra utente e batteria”, ha l’effetto pratico di ridurre la libertà di spostamento del conducente, diminuendone la già limitata autonomia.

Secondo la tesi di Franke, in questa fase della mobilità elettrica agire sulla percezione che le persone hanno delle capacità dei veicoli elettrici è ancora più importante che non mettere sul piatti considerevoli migliorie tecnologiche.

Insomma, il primo vero limite da abbattere è l’abitudine della gente a non fidarsi: è necessario far capire loro che se sono segnati 150 km di autonomia (e se ne devono percorrere 80) si può effettivamente stare tranquilli.

Lavorare sulla psicologia dei clienti costerebbe anche meno che non apportare effettive modifiche tecnologiche alle auto e ne aumenterebbe sostanzialmente l’appetibilità, dato che consentirebbe ai guidatori di usufruire con serenità delle vere potenzialità del veicolo.

A corollario, il dottorando della TUC riporta anche un paio di altre informazioni utili come, per esempio, che chi sceglie un’auto elettrica in partenza non ha delle esigenze esagerate in quanto a tragitti abituali e che con la pratica il gap fra il range considerato sicuro e quello reale si assottiglia.

Come a dire che più si conosce un EV e più si impara a fidarsene.

 

 

Andrea Lombardo

Fonte: GreenCarCongress

 

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