L’Italia è tra i paesi meno attrezzati per accogliere le auto elettriche

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Una ricerca condotta dal sito di comparazione di servizi finanziari GoCompare traccia il quadro della situazione delle infrastrutture per veicoli elettrici nei 30 paesi membri dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) evidenziando non poche criticità e differenze tra un mercato e l’altro.

Auto elettriche: siamo pronti alla rivoluzione?

Che il mercato dei veicoli elettrici sia ormai ad una svolta decisiva, è sotto gli occhi di tutti e lo dimostrano i continui annunci da parte delle maggiori case automobilistiche di ingenti investimenti per lo sviluppo della trazione elettrica ed il lancio di nuovi modelli.

Complice anche l’esplosione dello scandalo sulle emissioni truccate per i veicoli diesel, la progressione dell’auto elettrica, peraltro già in atto, ha manifestato nell’ultimo anno una forte accelerazione con la discesa in campo di quasi tutti i big del settore, desiderosi di accreditare una nuova immagine dell’auto, “pulita” e possibilmente lontana dalla dipendenza dai carburanti tradizionali.

Non a caso, il Gruppo Volkswagen, tra i più toccati dal dieselgate, ha annunciato investimenti nei prossimi cinque anni per 44 miliardi di euro destinati alle vetture elettriche ed allo sviluppo della guida autonoma oltre a nuovi servizi di mobilità e digitalizzazione, lanciando l’obiettivo di realizzare ben 27 modelli elettrici entro il 2022 e raggiungere una capacità produttiva di un milione di unità di veicoli a zero emissioni dal 2025.

Non è da meno Mercedes che ha destinato 10 miliardi di euro alla sua nuova linea marcata EQ che rappresenta l’elettro mobilità secondo la casa di Stoccarda ed il cui scopo è quello di disporre entro il 2022 di una gamma di 10 modelli a trazione elettrica con numerose varianti.

BMW, per restare ancora in Germania, paese che sembra guidare la nuova “corsa” all’elettrico, ha previsto, più o meno negli stessi tempi, di immettere sul mercato ben 25 nuove vetture a zero emissioni.

Complessivamente, secondo “Global Automotive Outlook 2018”, studio periodico realizzato dalla società di consulenza AlixPartners, sono 255 i miliardi che l’industria automobilistica nel suo complesso pensa di destinare al comparto dei veicoli elettrici nei prossimi otto anni producendo una spinta sul mercato in grado di cambiare sostanzialmente i rapporti di forza tra i diversi tipi di alimentazione.

Ma, i paesi di riferimento, sono pronti a ricevere, sul piano delle necessarie strutture, i veicoli a trazione elettrica che segnano una forte discontinuità con abitudini consolidate in termini di autonomia e modalità di rifornimento?

Un quadro della situazione è fornito da uno studio realizzato dal sito di comparazione di servizi finanziari GoCompare che ha analizzato 30 paesi membri dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), tra cui l’Italia, evidenziando, per ciascuno di essi:

  • il numero di punti di ricarica, distinti tra “normal power” (compresa tra 3,7 kW e 22 kW) e “fast power” (AC 43 kW, caricabatterie DC, supercharger Tesla e induttivi),
  • il numero di punti di ricarica per chilometro della rete stradale,
  • il numero di stazioni di servizio rispetto ai punti di ricarica pubblici,
  • il parco auto (incluse le auto full electric e le ibride plug-in) per paese rispetto al numero di punti di ricarica accessibili al pubblico.

I dati raccolti, seppur attestati a fine 2017, sono i più aggiornati al momento disponibili e comunque restano significativi nei reciproci confronti.

Uno sviluppo dell’elettrico a diverse velocità

Il dato più evidente che si può trarre dall’analisi di GoCompare, i cui risultati completi sono raccolti nell’ infografica dinamica, è costituito dal differente stato dell’arte della mobilità elettrica nei vari paesi esaminati, testimoniato in buona parte dalla maggiore o minore presenza e dal livello di omogenea diffusione sul territorio di quelle strutture che possono agevolarne lo sviluppo.

In particolare, uno degli elementi generalmente riconosciuto da tutte le indagini condotte come determinante per facilitare l’accettazione di un’auto elettrica è rappresentato dalla presenza capillare di una rete di punti di ricarica accessibili al pubblico che limiti l’ansia da ricarica dell’utilizzatore e ricrei il senso di rassicurazione suscitato dalla più generale diffusione delle stazioni di rifornimento dei carburanti tradizionali.

Non a caso, i paesi che vantano il maggior numero di punti di ricarica sono, soprattutto, anche quelli che dispongono del parco circolante più numeroso.

La Cina, ad esempio, detiene il primo posto sia per numero di punti ricarica, 213.903 di cui 83.395 di tipo “fast charger”, che per ampiezza del parco circolante con 1.227.770 auto elettriche.

Analogamente gli Stati Unti occupano il secondo posto in entrambe le graduatorie suddette, rispettivamente con 45.886 punti di ricarica (di cui però solo 6.267 “fast”) ed un parco di 762.060 vetture a zero emissioni.

Analoghe considerazioni si possono fare praticamente per quasi tutti i paesi che si trovano nei primi 10 posti nelle graduatorie per quantità di punti di ricarica e parco circolante, entrambe dominate, alle spalle dei due leader appena citati, da Olanda, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Norvegia, nazioni che nel tempo hanno posto in atto politiche virtuose finalizzate a promuovere i mezzi a zero emissione e la nascita di reti di collegamento per aumentarne l’autonomia.

Significativo a tale proposito è il caso della Norvegia dove circa un terzo dei veicoli venduti è alimentato a batteria e su una popolazione di 5,2 milioni di abitanti, uno su 30 possiede un’auto elettrica. Ciò grazie ad una politica governativa che da tempo destina forti incentivi ai mezzi a basse emissioni ed una capillarità di presenza dei punti di ricarica: 11 ogni 100 km.

Quest’ultimo è un ulteriore dato importante per valutare la capacità di un territorio di cogliere adeguatamente le opportunità offerte dalle auto elettriche ed ibride plug in, unitamente alla percentuale di stazioni di ricarica rispetto al numero di stazioni di servizio di benzina, percentuale che in Norvegia è tra le più alte ed è pari all’87%.

Auto elettriche lo “stato di salute” dell’Italia

A fronte di un discreto numero di eccellenze costituite dai paesi che occupano le prime posizioni nelle classifiche stilate dallo studio di GoCompare, in grado di “reggere” una probabile onda d’urto di nuovi veicoli che necessitano dell’apporto di strutture di ricarica, risaltano anche numerose situazioni critiche.

L’Italia, in questo quadro, si colloca tra i mercati meno avveduti potendo contare solo su 2.741 punti di ricarica pubblici di cui 443 del tipo “fast”, fattore che costituisce una ulteriore limitazione all’utilizzo dei mezzi elettrici, soprattutto tra quanti necessitano di cariche rapide per compiere percorsi medio lunghi.

A tale proposito, come è visibile dai grafici riportati, l’Italia si pone tra le peggiori nazioni per punti di ricarica ogni 100 km con il dato di 0,56, vale a dire una possibilità di ricarica ogni 200 chilometri, ben lontano dall’Olanda, leader in questa speciale classifica, che può contare su ben 23,25 punti ogni 100 chilometri.

Conseguono risultati peggiori solo l’Australia, la Polonia, l’Ungheria, la Finlandia, il Messico e la Repubblica Ceca, paesi che operano in contesti di viabilità ed esigenze di trasporto ben differenti da quelli italiani.

È pur vero che una giustificazione diffusa risiede nel fatto che la maggior parte dei possessori di auto elettrica dovrebbe ricaricare da casa e che il chilometraggio medio giornaliero rientra generalmente nelle capacità di autonomia della maggior parte delle vetture vendute, per cui la ricarica pubblica dovrebbe costituire un fatto occasionale, ma la disponibilità di box e posteggi privati è ancora esigua e non in grado di soddisfare un incremento delle richieste.

Inoltre, non si può trascurare l’aspetto psicologico che nasce dall’attitudine dei conducenti di auto tradizionali a poter usufruire delle quasi 21.000 stazioni di servizio esistenti in Italia, con una distribuzione molto capillare e, sotto il profilo del rifornimento, molto rassicurante.

Nel confronto, l’elettrico appare fortemente penalizzato: la percentuale di punti di ricarica rispetto alle stazioni di servizio, in Italia si attesta sul 12%, alla pari con Messico ed Ungheria, e solo Australia e Polonia evidenziano risultati peggiori. Senza assumere come riferimento situazioni limiti, che vedono il numero di stazioni di ricarica elettrica più che doppio rispetto a quelle di servizio tradizionali, come si registra in Cina, in molti paesi la tendenza in atto è ormai quella di un sostanziale sorpasso a favore delle stazioni di ricarica elettrica.

V’è comunque da sottolineare che in Italia molti sono i progetti che mirano a incrementare le strutture di ricarica nel medio termine. Tra questi quello di Enel impegnata ad investire 300 milioni per attivare 28.000 punti di ricarica entro il 2022, nell’ambito di un programma internazionale che toccherà anche la Spagna con 8.600 punti e la Romania con 2.500.

Ancora Enel, secondo dichiarazioni del suo Amministratore Delegato Francesco Starace al quotidiano Repubblica del 10 dicembre 2018, pensa nei prossimi tre anni di portare a 450.000 i punti di ricarica sia pubblici che privati, coinvolgendo anche centri commerciali, parcheggi, hotel e con l’introduzione dei cosiddetti Juice Lamp, lampioni con due punti ricarica, predisposizione wifi e sorveglianza urbana.

Un programma ambizioso a cui manca ancora il pieno accesso alle autostrade per favorire la copertura di lunghi percorsi, a causa, sembra, dell’opposizione della società di gestione delle maggiori tratte nazionali.

Tutto ciò dovrebbe consentire a rendere più dinamico anche il mercato italiano che ha immatricolato nel 2017 poco più di 4.800 auto elettriche (erano state 2.500 l’anno precedente) ma ha chiuso il 2018 con quasi 13.000 unità di cui oltre 7.000 full electric.

Un risultato certamente lusinghiero ma ancora modesto a fronte delle quasi 300.000 vetture a emissione zero immatricolate nel 2017 in Europa (+39% rispetto al 2016), dove però il 70% delle vendite è rappresentato da quattro paesi: Norvegia (62.000), Germania (55.000), Regno Unito (47.000) e Francia (37.000).

La strada da percorrere è certamente ancora lunga ma non mancano però i segnali positivi.