Nel 2009 Daimler aveva letteralmente salvato le sorti di una ancora precaria start up californiana, in ambasce per la produzione del suo primo modello di automobile elettrica.
Quella start up si chiamava Tesla Motors e la vettura era la biposto sportiva Roadster: oggi tutti sappiamo come sia andata avanti la storia del Marchio, che ha vissuto un ascesa trionfale al punto da non guardare più con timore reverenziale nemmeno i colossi delle 4 ruote come la stessa Daimler.
Allora i Tedeschi comprarono il 9.1% di Tesla Motors per circa 50 milioni di dollari e, dopo averne immediatamente rivenduto il 40% per sfruttare l’alto tasso speculativo delle azioni Tesla (fruttarono a Daimler le sostanze da reinvestire in quel di Abu Dhabi), adesso hanno venduto anche il rimanente 4% delle azioni della società della Silicon Valley.
Il cambio ha decisamente fruttato un bel gruzzolo a Daimler, che ha incamerato 780 milioni di dollari.
Definito un partner importante, Tesla Motors continuerà a mantenere una collaborazione con il Gruppo automobilistico europeo, dal quale ha tratto appoggio finanziario ed ha acquisito know how.
Nel tempo da Palo Alto sono partiti alla volta della Germania i motori dapprima delle Smart Fortwo Electric Drive e, oggi, delle Mercedes-Benz Classe B Electric Drive, appena lanciate negli Stati Uniti e a brevissimo in arrivo anche in Europa.
Daimler ha precisato che quanto in piedi tra le due aziende rimarrà tale, non essendo legato in alcun modo alla comproprietà del capitale.
Di per sé la notizia dell’uscita di Daimler dal pacchetto azionario non ha giovato alla società californiana, che ha lì per lì registrato una virata negativa in Borsa, probabilmente influenzata anche dalle vicende del Michigan, ennesimo Stato che cerca di impedire la vendita diretta delle Model S da parte di Tesla.
La società di Palo Alto è, Daimler a parte, forse nel periodo realmente più delicato della sua storia: deve infatti dimostrare di essere in grado di mantenersi ai livelli raggiunti e di sapersi radicare stabilmente sui mercati aperti (americano, asiatico ed europeo).
Se in passato, oltre a Daimler, anche altri grandi nomi hanno agevolato la crescita dell’azienda – vedi Toyota, anch’essa azionista di minoranza ed ex proprietaria dell’impianto di Freemont dove Tesla assembla le sue vetture – oggi essa deve contare soprattutto sui nuovi scenari correlati dall’apertura della Gigafactory, dove è la partnership con Panasonic ad essere strategica.
Andrea Lombardo
Fonte: Daimler
non vedo come una societa’ che e’ avanti 10 anni rispetto alla concorrenza possa subire problemi. il suo problema e’ solo la commercializzazione ovvero i limiti di produzione determinati dalla produzione delle batterie, oltre a quello dei supercharger da installare nel mondo, altrimenti, chiunque nel mondo vorrebbe una tesla, tra chi se lo puo’ permettere, e non sono certo pochi. lode a Elon Musk, noi teniamoci gli agnelini pecorini